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Omicron, Andrea Crisanti: "Più contagiosa, perché è un bene". Fine della pandemia, scenari ribaltati

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In una botta di ottimismo Andrea Crisanti afferma che il fatto che la nuova variante Omicron sia più contagiosa della Delta, non è necessariamente un male. Anzi. Premettendo che "non ha avuto nessun impatto in Italia fino a questo momento", la nuova mutazione sudafricana "ha un vantaggio selettivo, è più contagiosa". Il che "sarebbe una pessima notizia se si scoprisse che la Omicron è causa di forme di malattia grave" ma "sarebbe una notizia ottima se invece si capisse che, come sembra sulla base dei primi dati raccolti in Sud Africa, sia responsabile di sintomi lievi". In questo caso, spiega il microbiologo in una intervista al Corriere della Sera, "sarebbe la prova che l'epidemia è finita perché verrebbe alimentata da una variante che immunizza senza fare male. Significherebbe che il virus starebbe evolvendo verso una minore virulenza. Quindi la comparsa di questo nuovo ceppo non è necessariamente un fatto negativo".

 

 

Per quanto riguarda i vaccini ai bambini, però, prosegue Crisanti, "non sono contrario a vaccinare i bambini. Sono semplicemente attendista. Dico solo che non c'è fretta. Fra due mesi, quando avremo i dati di Israele dove sono partiti a tamburo battente con la campagna pediatrica, potremo concludere che questi vaccini sono sicuri. Sono certo che così sarà. Però è troppo presto per cominciare, adesso, con un piano di profilassi a tappeto. La fretta bisogna averla invece nel somministrare le terze dosi. Avere abbreviato i tempi è una mossa giustissima. In questo modo si anticipa il calo dell'immunità. Dopo sei mesi la protezione dall'infezione diminuisce dal 95 al 40%, quella dalla malattia dal 90 al 65%. Quindi se le difese vengono ripristinate dovremmo metterci al sicuro. È l'assoluta priorità. Bisogna fare presto".

 

 

Il problema, sottolinea il professore è che "L'autorizzazione da parte dell'agenzia europea Ema al vaccino pediatrico è basata su uno studio che ha coinvolto circa duemila bambini. Una casistica limitata. Dal mio punto di vista e di altri colleghi con questi numeri si dovrebbe parlare al massimo di studio preliminare. Mi chiedo inoltre a quale livello sociale appartengano i bimbi inseriti nello studio. Va quasi sempre a finire che a partecipare alle sperimentazioni siano le famiglie più vulnerabili". E ancora: "È una questione di procedura e trasparenza. I bambini sono soggetti vulnerabili e oltretutto non possono decidere individualmente. Se fossi un genitore aspetterei, ma solo per essere più confortato in una scelta così importante. Non sono piccoli adulti, sono diversi dal punto di vista biologico e fisiologico altrimenti non ci sarebbero i pediatri".  

 

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