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Omicron, la bomba di Massimo Clementi sul vaccino: quello che pochi hanno il coraggio di dire

Massimo Clementi

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Mai come ora, con le notizie che arrivano sulla variante Omicron del Covid, è necessario vaccinarsi, e per chi lo è già fare la terza dose. Ne è convinto Massimo Clementi, direttore del laboratorio di Microbiologia e Virologia dell'Ospedale San Raffaele di Milano, co-fondatore e past-president della Società Italiana di Virologia, che in una intervista a Il giornale si dice anche critico su come e cosa è stato diffuso sulla nuova variante sudafricana. "Nessun ente internazionale ha ancora preso posizione, ci sono solo supposizioni e le valutazioni si basano su un numero molto limitato di casi. Hanno allertato il mondo divulgando informazioni parziali".

 

 

Invece, continua Clementi, "per venire a capo di questa variante serviranno almeno settimane e bloccare il traffico aereo serve a poco mentre getta nel panico i mercati. Meglio i controlli mirati dei passeggeri che arrivano dalle zone a rischio". E se questa variante dovesse bucare il vaccino sarà ancora più importante immunizzarsi, sottolinea il professore. "Mai come ora bisogna correre, correre, correre a vaccinarsi. Il vaccino finora ha protetto da tutte le varianti".

 

 

Quindi non ha senso aspettare che le aziende farmaceutiche modifichino i vaccini in base alla variante sudafricana e chi deve fare la terza dose deve farla appena possibile. "Ora più che mai la terza dose diventa la cosa più importante perché conferisce un'immunizzazione potente e in grado di bloccare tutte le possibili varianti finora rilevate".

 

 

Per sapere qualcosa di più di questa variante "bisognerà aspettare i risultati dei più importanti esami di laboratorio e delle valutazioni cliniche dei soggetti contagiati. Occorrerà capire se infetta solo più velocemente o provoca malattie più importanti e quali sono le caratteristiche della malattia. Poi c'è l'osservazione clinica: le infezioni sono differenti o no? I contagiati si ammalano diversamente dagli altri o no?". Insomma non sappiamo ancora "quasi niente".

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