Il Coronavirus nato in laboratorio e sfuggito per sbaglio al controllo degli scienziati? Non è solo l'Oms ha tenere aperta la "pista" sull'origine del virus a Wuhan, ma anche Maurizio Pocchiari, stimato scienziato italiano ed ex direttore del dipartimento di Neuroscienze dell'Istituto superiore di Sanità. Non sarebbe la prima né l'ultima volta, spiega al Corriere della Sera: "Non stupirebbe trovare la prova che il Sars-CoV-2 sia uscito fuori inavvertitamente dal centro di Wuhan dove si studiano i coronavirus. Nessuna misura di contenimento, anche la più sofisticata, può azzerare il rischio".
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E il parallelo, inquietante, è con la malattia di cui Pocchiari è uno dei maggiori esperti al mondo: la Creutzfeldt-Jakob, causata da un prione (agente infettivo di dimensioni più piccole dei virus) e diventata tristemente famosa nel 2001 come "morbo della Mucca pazza", colpendo l'uomo con una variante passata a noi dai bovini affetti da Bse. "Nei centri di ricerca, anche in quelli ad altissima sicurezza, i cosiddetti P3 e P4, non è impossibile che un agente patogeno contamini l'operatore. Nel caso del Sars-2 non è fantascienza ipotizzare che durante una procedura un tecnico abbia inalato le particelle infette emesse, tanto per fare un esempio, durante la fase di centrifugazione di materiale infetto e che le cappe, nonostante siano dotate di chiusura ermetica, non fossero state azionate".
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La stessa dinamica aveva portato alla morte di 3 ricercatori al lavoro sulla variante di Creutzfeldt-Jakob. "Si parla di esposizione occupazionale in un tecnico che aveva maneggiato campioni di topo contaminato con l'agente infettivo che causa l'encefalopatia spongiforme bovina, la Bse, o con quello della variante di Creutzfeldt-Jakob. Poi sappiamo di una 24enne francese morta 19 mesi dopo essersi tagliata. E indossava due paia di guanti". Ci sarebbe anche una vittima italiana, nel 2016, che aveva avuto conttatti in laboratorio con materiale infetto. "Ma non si è mai capito come possa essersi contaminata".