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Terremoto, "come prevedere la scossa": scoperta sconvolgente, i segnali e quei secondi decisivi

Daniela Mastromattei
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Siamo lontani da Io e Caterina, il film diretto e interpretato da Alberto Sordi, dove un uomo di mezza età sceglie un robot come domestica e si ritrova a fare i conti con una macchina dai tratti femminili più sospettosa e gelosa di una moglie. Che gli toglie tutto, soprattutto la libertà. Erano gli anni Ottanta, nei confronti dell'androide tante le perplessità fino alla paura che potesse sostituire l'essere umano nel mondo del lavoro e far crescere in modo esponenziale il numero dei disoccupati, già preoccupante. E se gli economisti americani non hanno mai smesso di sostenere che i sistemi robotici il lavoro sì ce lo rubano, in Germania sono di tutt' altro avviso. E in Italia? Siamo un po' come i tedeschi. Da noi, infatti, le ultime ricerche sottolineano che la presenza delle macchine ci rende più attivi. Sarà. In ogni caso siamo sempre molto affascinati dal mondo dell'intelligenza artificiale e dalle abilità sofisticate di certi robot, costruiti proprio dall'uomo. Ecco perché ci piace raccontare l'ultimo straordinario lavoro dell'Università di Stanford che ha sviluppato un nuovo strumento in grado di prevedere con diversi secondi di anticipo l'arrivo di un terremoto. Ma è su quel numero di secondi (troppo pochi per ora) che si gioca la partita. Il sistema utilizza una rete neurale profonda per analizzare i modelli dei terremoti precedenti e riuscire a fare una previsione di come si svolgeranno le prossime scosse. «DeepShake è in grado di captare segnali in forme d'onda sismica attraverso dimensioni di spazio e tempo», spiega Avoy Datta del team della Stanford University che ha testato il sistema vicino a Ridgecrest, in California.

 

 

 

In California

L'area infatti è stata colpita da una serie di eventi sismici: i ricercatori hanno inserito nel computer i dati di oltre 36.000 terremoti che si sono verificati a Ridgecrest da luglio a settembre 2019. Non sono stati invece inseriti dati sul tipo o la posizione delle scosse. I risultati, presentati alla Seismological Society of America, sono un primo passo per ulteriori aggiustamenti, visto che DeepShake è stato in grado di rilevare il terremoto tra i 3 e i 13 secondi prima che si verificasse. Come spiegano gli studiosi questi modelli di apprendimento hanno il potenziale per migliorare la velocità e la precisione dei sistemi di allarme. «Quando si addestra un modello di machine learning end-to-end lo si fa pensando che siano in grado di sfruttare le informazioni aggiuntive per migliorare l'accuratezza», sottolinea Daniel J. Wu che ha partecipato alla ricerca. In effetti la maggior parte dei sistemi di allarme preventivi determina prima la posizione e la magnitudo di un terremoto, per poi calcolare il movimento del suolo. «Ciascuno di questi passaggi può introdurre errori che possono rovinare le previsioni sull'entità della scossa», conclude Wu.

 

 

 

Umanoidi

Che dire, possiamo ben sperare, visto che robot con sembianze umanoidi spostano pacchi nei magazzini di Amazon o mettono insieme i pezzi delle Jeep della Fiat. E sono proprio questi robot, di cui l'Italia tra l'altro è piena, a catturare l'immaginazione popolare. Non stupisce quindi scoprire che le carezze ricevute dai robot emozionano gli esseri umani e li rendono più empatici con le macchine. A indicarlo sono i test su un gruppo di studenti impegnati a interagire con dei robot, condotti in Germania, nelle Università Ruhr Bochum e di Duisburg-Essen, e pubblicati sulla rivista Plos One. Per esplorare gli effetti dovuti alle interazioni con i robot, le ricercatrici Laura Hoffmann e Nicole C. Krämer hanno fatto dialogare 48 studenti con Nao, uno dei robot umanoidi più utilizzati nei laboratori di tutto il mondo. Nel corso delle conversazioni la macchina accarezzava per qualche istante, in forma apparentemente spontanea, il dorso della mano di alcuni partecipanti. In risposta al tocco del robot, la maggior parte degli studenti ha sorriso, e nessuno si è tirato indietro. Ma l'aspetto più rilevante, secondo i ricercatori, è che gli studenti che erano stati accarezzati si sono dimostrati più propensi a proseguire nelle interazioni con la macchina e hanno dato valutazioni alte verso il robot nei questionari a conclusione dei test.

 

 

 

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