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Coronavirus, un microchip sottocutaneo: il piano del Pentagono, stravolta la guerra alla pandemia?

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Al tempo di coronavirus, di complotti su microchip sottocutanei ne abbiamo sentiti molti, anche troppi. Follie da non tenere nemmeno in considerazione. Eppure ora, ecco saltare fuori un vero microchip. Che però è uno strumento di difesa, nulla insomma a che spartire con deliranti complottismi. Si tratta di un congegno da inserire sotto pelle per rilevare, o meno, l'infezione al Covid-19.

 

Di questa tecnologia rivoluzionaria ne parla ilgiornale.it, un microchip sviluppato dalla Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), che opera sotto l'attento controllo del Pentagono. A darne notizia per prima è stata la trasmissione tv 60 Minutes della Cbs statunitense. Dietro al progetto, il dottor Matt Hepburn, medico di malattie infettive e colonnello dell'esercito in pensione, reclutato dal Pentagono ormai otto anni fa. È stato lui infatti a parlare di questo microchip anti-Covid.

 

"Sfidiamo la comunità di ricerca a trovare soluzioni che possano suonare come fantascienza", ha spigato Hepburn. E ancora, ha aggiunto che il suo ruolo nella DARPA è "eliminare le pandemie dal tavolo. Se vogliamo dire che non possiamo mai permettere che ciò accada di nuovo, la prossima volta dovremo andare ancora più veloci". Parole consegnate in un'intervista proprio a Cbs: insomma, notizie confermate. Nessuna strampalata invenzione. 

Hepburn ha paragonato il microchip diagnostico alla "spia di un motore di un'auto". Nel dettaglio, ha aggiunto: "Quella piccola cosa verde lì dentro, la metti sotto la pelle e quello che ti dice è che ci sono reazioni chimiche in corso all'interno del corpo e quel segnale significa che domani avrai sintomi". Il chip, incorporato in un gel simile a un tessuto, testa in continuazione il sangue proprio per verificare la presenza del Covid. "Possiamo avere queste informazioni in tre o cinque minuti", ha detto Hepburn. "Mentre troncate quel tempo, mentre diagnosticate e trattate, quello che fate è fermare l'infezione nelle sue tracce", ha concluso. Insomma, una scoperta che potrebbe essere rivoluzionaria e dare un enorme contributo nella battaglia alla pandemia. 

 

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