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Elon Musk, il macaco gioca al videogioco con la mente. L'esperimento che può cambiare l'umanità?

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Un macaco di 9 mesi si mette a giocare a Pong. Si chiama Pager ed è l’esemplare che ha ricevuto un impianto Neuralink, un mese e mezzo fa. Lo ha voluto Elon Musk: l’obiettivo è il collegamento del cervello umano alle macchine, ai pc e agli smartphone, come ha spiegato lui stesso su Twitter. “I prodotti Neuralink permetteranno alle persone con paralisi di usare lo smartphone più velocemente che con i pollici”, ha postato il magnate miliardario.

 

 

 

 

Il macaco, che sarebbe sicuramente piaciuto allo Stanley Kubrick di 2001 Odissea nello spazio, all’inizio ha in mano uno joystick e, quando riesce a intercettare il disco sullo schermo, viene ricompensata attraverso una cannuccia collegata a un frullato di banana. "Gli esperimenti del comportamentista B. F. Skinner sul rinforzo positivo e negativo sono sempre attuali", scrive la rivista Forbes.

 

 

 

 

Mentre Pager si impegna nella sua missione, il dispositivo Neuralink lavora e registra informazioni su quali neuroni sono in azione mentre il macaco gioca. "Imparando a prevedere quali regioni del cervello vengono attivate dal movimento della sua mano: le stesse che la scimmia  userà per inviare comandi al pc. Un procedimento che rientra nell’ampia categoria del machine learning", scrive sempre Forbes. Ad un certo punto il joystick viene disconnesso e Pager continua a giocare usando la sua mente per muovere i cursori del classico gioco Pong. Gli scienziati che stanno seguendo il progetto hanno però avanzato dubbi sul modo di presentazione dell'esperimento scientifico, senza una pubblicazione che sia condivisibile nella comunità di scienziati e neurologi. Elon Musk, con questo nuovo progetto, punta al mercato di massa, con la vendita dei suoi impianti a qualche decina di migliaia di dollari. Anche se ovviamente ci sono già gli scettici: “Non credo che milioni di persone siano disposte a farsi trapanare il cranio”, ha detto Mark Zuckenberg, il fondatore di Facebook.

 

 

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