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Coronavirus, la sindrome degli intubati: restringimento della trachea e difficoltà respiratorie

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La chiamano la sindrome degli intubati. Finora rarissima (un paziente ogni mille ricoverati nelle terapie intensive) sta sensibilmente aumentando con i casi di Covid-19 gravi che richiedono l'intubazione o la tracheostomia, oppure entrambe. "È la stenosi tracheale, un effetto collaterale indiretto della malattia provocato da un restringimento della trachea dovuto alla formazione di una fibrosi", spiega al Fatto quotidiano Umberto Cariboni, medico chirurgo e capo sezione di Chirurgia toracica avanzata all'Istituto Humanitas di Rozzano (Milano).

 

 

Una sindrome che, continua Cariboni, "riscontriamo nei pazienti che in seguito a una insufficienza respiratoria vengono ricoverati nelle terapie intensive". In sostanza, dopo l'intubazione o la tracheostomia, si formano delle cicatrici che rendono difficile la respirazione anche dopo la guarigione dal coronavirus. L'unica soluzione è la disostruzione della trachea con il laser (in broncospia) oppure, nei casi più gravi, con un intervento chirurgico, efficace al 95 per cento. Cariboni ha già operato oltre una ventina di persone reduci dal ricovero in terapia intensiva a causa del Covid ed è il coordinatore di uno studio che coinvolge in Lombardia sette ospedali oltre all'Humanitas.

 

 

Lo studio di Cariboni ha lo scopo di verificare quali siano le principali cause di insorgenza della complicanza e se ci sono categorie di persone più a rischio. "Lo studio ha prima di tutto una finalità sociale, per fornire a tutti i pazienti che presentano questo problema un percorso diagnostico che possa permettere di scoprirlo in fase precoce", specifica Cariboni.

"C'è poi una finalità scientifica, con l'analisi di una popolazione così estesa di pazienti intubati o tracheostomizzati possiamo conoscere le caratteristiche e le variabili soggettive o procedurali che hanno potuto far nascere questa temuta complicanza". Un altro effetto collaterale del coronavirus.

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