
Vaccino Pfizer, l'1,6% non risponde al siero: "Anticorpi quasi a zero", lo studio del Niguarda di Milano

Chi è stato vaccinato, in linea di massima, ha sviluppato gli anticorpi contro il coronavirus. Il 98,4 per cento dei sanitari vaccinati all'ospedale Niguarda di Milano, infatti, è immunizzato contro il Covid-19. Ma l'1,6 per cento no. E' quanto emerge da uno studio condotto in collaborazione con l'università degli Studi di Milano e riportato da Adnkronos che ha coinvolto 2.497 operatori che hanno ricevuto il vaccino anti-Covid di Pfizer/BioNTech. Per il 62,6% sono stati rilevati "livelli elevatissimi di anticorpi a 14 giorni dalla seconda somministrazione del vaccino". Lo studio, tra i più grandi ad oggi in Italia, monitorerà la copertura a lungo termine con prelievi a 3-6-12 mesi.
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Lo studio clinico, battezzato Renaissance, ha l'obiettivo di verificare la risposta immunitaria del personale ospedaliero che, tra gennaio e febbraio, ha ricevuto le dosi del vaccino nell'ospedale milanese. La risposta anticorpale riscontrata è stata "molto alta", spiegano gli autori dello studio: il 98,4% del totale dei vaccinati presi in esame ha sviluppato gli anticorpi attesi, mostrando titoli elevatissimi. In particolare, il 62,6% del campione ha avuto una risposta superiore a 2.000 BAU (Binding Antibody Unit)/ml, il 21,6% tra 1.500 e 2.000 BAU/ml, l'11,4% tra 1.000 e 1.500 BAU/ml e il 4,3% inferiore a 1.000 BAU/ml. Risultati "estremamente positivi e incoraggianti", spiega Francesco Scaglione, direttore del Laboratorio di analisi chimiche e Microbiologia di Niguarda, "anche al di sopra delle aspettative".
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Ma cosa accade a chi non sviluppa anticorpi, a quell'1,6%? Su 2.497 vaccinati sono stati individuati solo 4 soggetti "non responder", nello specifico "persone immunodepresse, con trascorso di trapianti o patologie che implicano l'uso di farmaci che inibiscono la naturale risposta immunitaria". "Non è che l'1,6% non ha sviluppato anticorpi, ne ha sviluppati in una quantità che è inferiore ai 2-300 Bau (Binding Antibody Unit, ndr)", puntualizza Scaglione a il Giornale. "C'è uno studio in corso di svolgimento da un anno per capire quanto durano nel tempo questi anticorpi e qual è la loro capacità neutralizzante in modo da dare una dimensione a quelli che hanno risposto di meno, magari sono immunizzati come tutti gli altri", aggiunge l'esperto.
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Insomma, anche in quell'1,6 per cento la risposta anticorpale c'è stata ma molto bassa e "allo stato attuale delle conoscenze non sappiamo se è neutralizzante o meno", precisa Scaglione. "Alcuni soggetti possono sviluppare meno anticorpi o in ritardo rispetto ad altri. Adesso seguiremo tutti per i prossimi tre mesi, sei mesi ed un anno per vedere come procedono ma bisogna considerare la variabilità individuale. Quell'1,6% che ha risposto meno ha avuto una risposta anticorpale in misura nettamente inferiore rispetto al resto della popolazione. Non so dire se siano protetti oppure no". Bisogna aspettare.
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