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Così il lockdown penalizza le donne: con la pandemia il gender-gap è aumentato

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Nero su bianco gli effetti negativi del lockdown. Uno studio condotto dall’Università Niccolò Cusano, in collaborazione con l’Università di Padova e la Fondazione Santa Lucia di Roma, mette in luce le conseguenze che la prima chiusura del Paese ha avuto sulle persone a livello psico-fisico. Punta, con la sua analisi scientifica, a divenire uno strumento utile per orientar le decisioni future della politica, sensibilizzando sia le istituzioni sia la popolazione. Perché, come hanno dimostrato i ricercatori, ad accusare maggiormente il lockdown sono stati i soggetti più deboli e vulnerabili. Fra loro le donne. 
Stress, ansia, ipocondria, ma soprattutto perdita del posto di lavoro. Con la pandemia e le prime misure adottate dai governi, la vita delle persone non è stata solo rivoluzionata ma anche messa a dura prova. Tanto che ad affollare oggi i pronto soccorso sono soprattutto pazienti che necessitano di cure psicologiche.
Attraverso la comparazione di due questionari distribuiti a oltre 1.200 persone e in cui si chiedeva di descrivere stati di umore, ansia, capacità di concentrazione e memoria prima e dopo il lockdown, è emerso un quadro preoccupante soprattutto per le donne sotto i 45 anni che, come riportano gli ultimi dati Istat, hanno perso il lavoro per il 70% nell’arco di un anno.
Mutamenti di umore, riduzione delle capacità affettive, insonnia, stress senza precedenti, perdita di memoria, stato di ansietà, depressione, ipocondria, disordini alimentari e riduzione della libido. Sono state queste le conseguenze immediate dovute al radicale cambiamento del proprio stile di vita. Ad aggravare la percezione delle persone sono state poi le misure per contenere il virus come il confinamento nella propria abitazione, l’impossibilità di viaggiare, le limitazioni agli spostamenti, la riduzione degli orari di negozi e ristoranti. 
L’instabilità, l’incertezza, i cambiamenti occupazionali e le nuove abitudini hanno avuto forti ripercussioni soprattutto sui ragazzi, tanto da spingere l’ospedale Meyer a lanciare l’allarme tramite le pagine dei quotidiani: pronto soccorsi sempre più affollati da giovani sotto stress, ansiosi e spinti all’autolesionismo.
“Riteniamo che gli studi futuri si debbano concentrare sul lungo periodo definendo le conseguenze del lockdown sulla popolazione e suggerendo conseguentemente linee guida che minimizzino il suo impatto psicologico”, spiega Alberto Costa, professore di Psicologia all’Unicusano. “Se restrizioni simili dovessero essere nuovamente imposte – avverte il docente – i governi dovranno prendere seriamente in considerazione gli effetti sulle fasce più deboli e vulnerabili così da evitar loro profonde ricadute psicologiche e traumi difficili da superare”. 
 

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