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Coronavirus, non solo diabete: gli effetti a lungo termine, quadri clinici terrificanti. L'esperta spiega l'incubo infinito

Brunella Bolloli
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L'eredità del Covid può essere pesante non solo a livello polmonare. Chi ha sconfitto il virus rischia di soffrire di altro: Lupus erimatoso sistemico (Les) in primis, oltre a varie patologie autoimmuni, una galassia di malattie rare che comprende la celiachia, il diabete di tipo 1, la dermatomiosite, la miastenia, l'artrite reumatoide. Per non parlare dell'alopecia, di alterazioni muscolari, e delle infiammazioni croniche intestinali, ultimi disturbi, in ordine di tempo, ad essere associati a Sars-Cov2. Quando una persona viene contagiata, infatti, il sistema immunitario va in subbuglio e produce autoanticorpi, anticorpi che invece di attivarsi contro i nemici esterni all'organismo, provocano danni alle cellule stesse dell'individuo. Superare il Covid, quindi, non significa tornare in forma come prima: per alcuni gli effetti a lungo termine del virus possono essere gravi e perfino invalidanti. Maria Cristina Sacchi, responsabile del laboratorio "Diagnostica Malattie Autoimmuni" dell'Azienda ospedaliera di Alessandria, è autrice di uno studio approfondito proprio sui rischi connessi all'infezione da Sars-Cov2, tra cui spiccano le malattie rare, una delle manifestazioni cliniche della sindrome long-Covid. Cervello in fuga poi rientrato in Italia, Sacchi si é formata con Renato Dulbecco partecipando con lui al progetto Genoma; ha studiato negli Stati Uniti e collaborato con il Cnr, fino a diventare responsabile scientifico del gruppo polispecialistico per l'utilizzo del "Gel piastrinico", un particolare composto che facilita ed accelera la guarigione e la rigenerazione dei tessuti, impiegato con successo in chirurgia orale e maxillo-facciale, ortopedica e nel trattamento delle piaghe da decubito.

 

 

 

Il "papà" di Tex Willer

Grazie a questa provvidenziale miscela gelatinosa ottenuta da sangue venoso sottoposto a centrifugazione, è stata allungata la vita al "papà" di Tex Willer. Il celebre fumettista Giovanni Luigi Bonelli, a 91 anni, si fece portare in aereo da Ibiza ad Alessandria per farsi curare con il gel piastrinico creato dalla giovane ricercatrice oggi a capo di un pool concentrato sulla piaga del momento: il Covid. La scoperta della relazione tra il virus e le malattie autoimmuni in pazienti ormai negativizzati è arrivata dopo la prima ondata e quei risultati sono stati così sorprendenti che perfino gli scienziati americani si sono inchinati all'italiana: «Mi hanno detto che il mio studio era too strong, troppo forte», racconta a Libero. Lei è andata avanti con la sua ricerca approvata dal Comitato Etico dell'Irsi, presieduto da Antonio Maconi, e i riflettori della comunità internazionale si sono accesi sul laboratorio piemontese dove è avvenuto il report osservazionale retrospettivo su 40 pazienti: tutti con diagnosi di Covid e ricoverati. «Sono stati sottoposti a test di autoimmunità e più del 60% ha presentato una risposta alterata del sistema immunitario, ovvero con una produzione di autoanticorpi», spiega la dottoressa. Ma l'elemento che fa riflettere è che «nessuno di loro aveva una storia pregressa di autoimmunità». In sintesi: il Corona può favorire altre patologie e complicare la ripresa. «Per questo il vaccino è quanto mai consigliato», dice l'esperta clinica, «e non bisogna temerlo tanto più che dovremo convivere con Sars-Cov2, visto che andremo verso una forma virale che da pandemica si trasformerà in endemica: una sindrome con cui faremo i conti a lungo e che, «senza un vaccino e una terapia farmacologica mirata sarà difficile da controllare considerata la contagiosità delle varianti in circolazione». Per tornare a una vita normale «bisognerà vaccinare il più possibile la popolazione e trovare un protocollo farmacologico riconosciuto che consenta cure domiciliari in sicurezza. Subito», ribadisce, «accelerare sulla campagna vaccinale». Obiettiamo che molti sono ancora scettici sul siero. «Per questo ad Alessandria stiamo conducendo uno studio sul profilo autoimmune di tutto il personale medico e infermieristico che si è vaccinato. La ricerca è iniziata il 12 gennaio e contempla l'osservazione di 180 dipendenti dell'Asl, dai 18 anni alla pensione. Vediamo come il sistema immunitario reagisce al vaccino».

 

 

 

Due prelievi 

Cosa avete scoperto? «I risultati definitivi ci saranno a fine aprile, ma qualche risposta è già significativa. La nostra osservazione si basa su due semplici prelievi di sangue: una provetta viene raccolta subito prima dell'inoculo e un'altra dopo 3 mesi comprendente anche la seconda dose. Vogliamo fare una valutazione dell'assetto autoimmune di ognuno, pre e post vaccino, per verificare che non ci sia una produzione de novo di autoanticorpi in chi si è sottoposto a profilassi e per valutare cosa invece può accadere in pazienti Covid che hanno già gli anticorpi». Lo spettro di possibilità che esce dal laboratorio della Sacchi è vario: molto dipende dal contesto ambientale, nonché dalla storia "sanitaria" del singolo. Una cosa è certa: «Il vaccino deve essere fatto».

 

 

 

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