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Dall'aneddoto tramandato da Vitruvio sulla spinta di Archimede al densimetro, uno strumento tuttora in uso

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La fama del matematico e fisico Archimede di Siracusa (287-212 a.C.) si è estesa sino ai giorni nostri, attraversando il corso dei secoli grazie anche alle straordinarie invenzioni attribuitegli, nonché ad episodi riferiti sul suo conto dalle cronache dell’epoca. Fra i più popolari resoconti, vi è un aneddoto tramandato da Vitruvio che illustra le circostanze in cui il più celebre scienziato dell’antichità ebbe l’intuizione successivamente enunciata nel ‘principio di Archimede’. Si tratta dell’episodio riguardante la corona d’oro del re Gerone II, più precisamente un serto – ornamento a forma di rami intrecciati, ritenuto sacro e simboleggiante la vittoria, ed in quanto tale non doveva essere alterato. La vicenda risale al III secolo a.C., quando il tiranno di Siracusa e Basileus di Sicilia (270-215 a.C.) incaricò un valente orafo di creare la corona affinché fosse posta sul capo di una statua raffigurante una divinità.

Il rompicapo della corona d’oro negli scritti di Vitruvio

Nell’opera De Architectura, Liber IX, Praefatio, il trattatista latino Marco Vitruvio Pollione scrisse: “Il re Gerone pervenuto al trono, e riconoscendo dalla benevolenza degli Dei i fausti eventi del suo regno, volle dar loro un segno della sua gratitudine con un cospicuo dono; chiamato perciò a sé un abile artefice gli consegnò un certo peso di oro perché ne facesse una corona. Trascorso il tempo assegnato, l’orefice portò al re la corona che gli aveva commessa, fu riscontrato il peso corrispondere esattamente a quello dell’oro che gli era stato consegnato, e l’opera essendo stata altamente approvata fu appesa in un tempio in forma di ex-voto. Senonché di lì a non molto, non è detto se in seguito ad una denunzia o per qualche altro motivo, si cominciò a sospettare che la corona non fosse proprio tutta d’oro e che l’orefice, trattenuta per sé parte del più nobile metallo, altro ve ne avesse mescolato fino a raggiungere il peso voluto, di che irritato il re, il quale pur non voleva che l’egregio lavoro venisse danneggiato, e manomessa in qualsiasi maniera una offerta già fatta agli Dei, invitò Archimede a scoprire se o meno l’artefice avesse commessa la frode della quale era sospettato”.

Come scoprire se il pregiato manufatto fosse interamente costituito d’oro massiccio, anziché mescolato con altri metalli, mantenendolo al contempo intatto? Secondo Vitruvio, “preoccupato Archimede della soluzione del grave problema, egli vi pensava di continuo, finché un giorno entrando nel bagno ed osservando che quanto più era del suo corpo dentro all’acqua tanto maggiore quantità ne usciva dalla tinozza, parvegli che in ciò appunto si contenessero gli elementi della soluzione che andava cercando, per la qual cosa pieno d’allegrezza uscì dal bagno e così tutto nudo com’era corse a casa gridando per le vie εὓρηκα, εὓρηκα!”. Eureka, l’esclamazione di gioia universalmente associata ad Archimede e che in greco antico significa “ho trovato”.

A tal punto, Archimede “fece due masse, una d’oro e l’altra d’argento, tutte due dello stesso peso di che era la corona. E avendo così fatto, riempì d’acqua un gran vaso fino al sommo, e poi vi pose dentro quella massa d’argento, di cui quanta grandezza fu immersa nel vaso, tant’acqua del vaso uscì fuori. Cavata di poi dal vaso quella massa, tanta acqua vi ripose dentro, quanta n’era uscita fuori per riempire quel vaso insino al sommo, come prima. Così ritrovò sottilmente, quanta misura di acqua rispondeva ad una certa misura d’argento avendo fatto di ciò sottil prova; allora, posta l’altra massa dell’oro parimente nel vaso pieno, e trattala poi fuori aggiungendovi l’acqua con la medesima misura e ragione, ritrovò chiaramente come non era uscita sì gran somma d’acqua, ma tanto meno n’era uscita, quanto minor corpo ingombra una massa d’oro, che una d’argento del medesimo peso. Ripieno di poi quel vaso, e posta nell’acqua quell’istessa corona, ritrovò che più acqua usciva fuor per conto della corona, che per la massa d’oro di peso uguale. Onde discorrendo sopra quel che più usciva fuori, ponendovi la corona, che ponendovi la massa, ritrovò il mescolamento dell’argento con l’oro, e insieme il manifesto furto dell’orefice”.

Il principio di Archimede per la misurazione della densità dei liquidi

“Un corpo immerso in un fluido in quiete è soggetto a una forza diretta verso l’alto dovuta alle pressioni esercitate sul corpo dal fluido, pari al peso del fluido spostato e applicata nel centro di gravità di quest’ultimo”. Tale forza, denominata ‘spinta di Archimede’, è alla base di strumenti di misurazione come il densimetro, utilizzato tutt’oggi in vari ambiti industriali e scientifici, quali i laboratori di analisi chimiche. Per la misurazione della densità di un determinato liquido, il principio su cui si basa l’impiego del densimetro è il medesimo: maggiore è la densità del liquido, maggiore sarà la spinta che lo strumento immerso riceverà verso l’alto e, parallelamente, il proprio galleggiamento.

Secondo recenti analisi del mercato globale, a causa di diversi fattori chiave, fra cui l’impatto della pandemia Covid-19, nei prossimi cinque anni vi sarà un consistente aumento della domanda dello strumento di misurazione della densità dei liquidi, in particolar modo nell’ambito del settore chimico e petrolifero – ma anche per la produzione di bevande, nonché per le analisi delle acque.

Tipologie e funzionamento del densimetro

Denominato anche aerometro, tale strumento è composto da un cilindro di vetro, zavorrato da alcune minuscole sfere di piombo – in modo tale da galleggiare in posizione verticale quando viene immerso in un liquido. La densità del liquido, essendo il peso del densimetro costante, sarà visualizzata in corrispondenza del valore esterno alla superficie, sulla scala graduata di cui è provvisto. Vi sono differenti tipologie di gradazioni, a seconda della destinazione d’utilizzo dello strumento. In genere, l’aerometro a peso costante viene impiegato per rilevare la densità dei liquidi alcolici, di eteri ed acidi. Una variante consiste nel densimetro di Baumé, impiegato nel caso di liquidi con densità superiore od inferiore a quella dell’acqua e munito di una gradazione dalla quale, successivamente, si ricava il valore della densità con apposite formule.

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