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Coronavirus, tasso di letalità sovrastimato di 10 volte. L'errore decisivo che ha condizionato il mondo?

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Tutti possono sbagliare, ma in questo caso sarebbe stato meglio se non ci fosse stato alcun errore. Sotto la lente c'è il Niaid (Istituto nazionale americano per le allergie e le malattie infettive), che lo scorso marzo ha inviato una relazione sul Covid e la sua pericolosità al Congresso Usa. Il documento è stato preso alla lettera dai politici americani, anche perché il Niaid è una delle istituzioni più importanti del Paese. Ma solo ora si scopre che in realtà quella relazione conteneva una svista incredibile. Come riportato da Italia Oggi, gli esperti americani dell'Istituto avevano sopravvalutato di dieci volte il tasso stimato di mortalità da Covid tra la popolazione nazionale. Quei numeri avevano messo in allarme non solo gli Usa, ma anche tutti gli altri Stati, che poi sono stati costretti a ricorrere a misure straordinarie, a partire dal lockdown. A scoprire l'errore da matita blu è stato lo studio realizzato dal professor Ronald Brown, della School of Public Health and Health Systems della University of Waterloo, in Canada.

 

 

 

Nonostante questo, il coronavirus resta un'infezione da non sottovalutare. Adesso, però, sappiamo anche che i primi dati nelle mani del Congresso Usa erano compromessi da un errore di non poco conto del Niaid. In particolare, gli esperti avevano confuso due categorie di dati molto diverse, ma con un nome simile: Case Fatality Rate, che misura la mortalità tra tutti i casi diagnosticati e confermati, e Infection Fatality Rate, che invece indica la mortalità tra tutti i contagiati, compresi gli asintomatici e i non diagnosticati. Quindi il livello di letalità tra i sicuramente malati è stato applicato all'incidenza sulla popolazione, molto più estesa, dei contagiati ma apparentemente sani. Così si è arrivati a una conclusione allarmante, cioè che l'epidemia Covid avrebbe ucciso dieci volte il numero di vittime di una normale stagione influenzale.

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