Coronavirus, lo studio che stravolge tutto: "Mortalità ridotta del 30 per cento", è la cura definitiva?
Secondo uno studio italiano, l'idrossiclorochina, il vecchio antimalarico tornato alla ribalta in questi mesi per il suo uso (contestato) nella cura del Covid-19, riduce del 30% il rischio di morte nei pazienti ricoverati. La ricerca, coordinata dall'istituto Neuromed di Pozzilli (Isernia) in collaborazione con Mediterranea Cardiocentro di Napoli e Università di Pisa, è stata condotta su 3.451 malati ricoverati in 33 ospedali italiani, e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica European Journal of Internal Medicine. «Abbiamo potuto osservare che i pazienti ai quali è stata somministrata idrossiclorochina hanno avuto un tasso di mortalità intraospedaliera inferiore del 30% rispetto a quelli che non avevano ricevuto questo trattamento, naturalmente a parità delle altre condizioni valutate», ha spiegato Augusto Di Castelnuovo, epidemiologo Neuromed, attualmente presso Mediterranea Cardiocentro di Napoli.
Licia Iacoviello, direttore del Dipartimento di Epidemiologia e prevenzione di Neuromed e professore ordinario di Igiene e Sanità pubblica all'Università dell'Insubria a Varese, ha spiegato invece che nello studio italiano le dosi di idrossiclorochina utilizzate sono state pari a «200 mg due volte al giorno: più basse di quelle usate in studi effettuati in altri Paesi e che non hanno osservato un'efficacia del farmaco». «In questi mesi», ha concluso Giovanni de Gaetano, presidente di Neuromed, «l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha raccomandato uno stop all'utilizzo dell'idrossiclorochina sulla base di uno studio osservazionale internazionale, successivamente ritirato dagli stessi autori della ricerca. Ora i dati di questo studio, derivanti da una straordinaria collaborazione nazionale, potranno aiutare le autorità competenti a meglio chiarire il ruolo di questo farmaco nel trattamento dei pazienti Covid-19».