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Contro l’antibiotico-resistenza "bisogna usare anche i vaccini"

L’Organizzazione mondiale della sanità ha indicato l’antibiotico-resistenza come emergenza sanitaria, eppure nel nostro paese questo allarme è rimasto inascoltato. Da migliorare le pratiche del personale ospedaliero
di Maria Rita Montebelli domenica 14 ottobre 2018

3' di lettura

In Italia si fa troppo poco per tenere sotto controllo il numero di infezioni ospedaliere: ogni anno sono tra i 450 mila e i 700 mila i pazienti che le contraggono  durante la degenza e in circa 7 mila casi tali infezioni si rivelano fatali. Numeri così alti sono da imputare da un lato all’uso scorretto degli antibiotici che ha generato i cosiddetti superbug, e dall’altro alla scarsa attenzione alle corrette pratiche igienico-sanitarie da parte del personale ospedaliero. Questi gli argomenti affrontati qualche giorno fa a Capri durante il congresso ‘Il decalogo Gisa - Un patto per la salute’, evento che ha fatto seguito alla pubblicazione del decalogo del Gruppo italiano per la stewardship antibiotica (Gisa), documento che avanza alcune proposte per migliorare l’utilizzo degli antibiotici, per favorire l’accesso a quelli di nuova formulazione diminuendo l’uso inappropriato, perciò inutile, degli stessi, e per ridurre il rischio infettivo dei pazienti in ospedale. Una resistenza anche culturale. L’Organizzazione mondiale della sanità ha indicato l’antibiotico-resistenza come emergenza sanitaria prioritaria, eppure nel nostro paese questo allarme è rimasto inascoltato. Per colpa di numerosi fattori - anche culturali, quali la facilità con cui i medici prescrivono l’uso di antibiotici, la convinzione errata che possano essere assunti anche per contrastare patologie virali o l’abitudine di assumere questi farmaci per periodi di tempo inferiori a quanto indicato – alcuni batteri sono diventati immuni ai farmaci in nostro possesso, quindi estremamente pericolosi soprattutto per individui fragili come quelli che si trovano ricoverati in ospedale o in casa di cura. Secondo un'indagine presentata la scorsa settimana da Assosalute, l’antibiotico è la prima soluzione per il 15 per cento degli italiani per bloccare l’influenza. Teoria errata, visto che gli antibiotici contrastano i batteri e non i virus, e la loro azione può essere pericolosa per la possibilità di alterare la flora batterica delle prime vie respiratorie, con l'eventualità di favorire una superinfezione da parte di un microrganismo resistente.  “Anche se usati correttamente gli antibiotici spingono i batteri a mutare – ha spiegato Pierluigi Lo Palco, professore di igiene e medicina preventiva dell’università di Pisa – ma in Italia esiste un concorso di colpe tra pazienti e medici che ci ha portato ad essere maglia nera in Europa per infezioni antibiotico-resistenti. Ancora troppo spesso gli antibiotici vengono utilizzati impropriamente, visto che per curare l’influenza l’antibiotico non serve, ma sono in molti a credere il contrario”. L’importanza del vaccino. Sono gli ospedali i luoghi dove i super batteri trovano il terreno più fertile. Il personale sanitario spesso sottovaluta i rischi, non mettendo in pratica comportamenti preventivi anche semplici, come lavarsi le mani. Ma forse è ancora più grave la constatazione che in media solo il 15 per cento degli operatori in ospedale è vaccinato. "A partire dal 2017 sono stati registrati più di 300 casi di morbillo tra operatori sanitari – ha affermato Stefania Iannazzo, medico responsabile del ‘Programmi vaccinali, Amr e Ica’, Direzione generale della prevenzione sanitaria del ministero della Salute - ed è in ospedale che sono nate le antibiotico resistenze più gravi. È una questione etica e deontologica. Più del 50 per cento dei casi di infezione sarebbe prevedibile seguendo una buona prassi di igiene e prevenzione, per questo motivo sarebbe auspicabile il varo di un programma di alfabetizzazione sanitaria già nelle scuole dell’obbligo”. Il vaccino costituisce una difesa dell’organismo da numerose patologie  - influenza in primis – che ‘aprono la strada’ ai batteri che causano infezione. Vaccinarsi permetterebbe quindi di combattere il problema alla radice, ridurrebbe il numero di antibiotici somministrati e, di conseguenza, rallenterebbe la velocità con cui i microrganismi mutano. E i ‘super-antibiotici’? L’impatto economico del fenomeno dell’antibiotico-resistenza è stimabile in circa 1 miliardo di euro all’anno, cifra che grava sul bilancio sanitario e che viene quindi sottratta ad azioni di prevenzione e a risorse per il corretto utilizzo dei nuovi antibiotici. “Oggi i nuovi antibiotici non sono considerati, a rigore di definizione, farmaci innovativi, in quanto rappresentano una evoluzione di farmaci già esistenti. – ha spiegato il professor Francesco Menichetti, presidente Gisa - Non godono quindi di percorsi che ne favoriscano un rapido e facile accesso e non hanno allocazione di risorse dedicate. La necessità di accedere a questi nuovi farmaci impone una revisione delle regole che non vada verso una insensata liberalizzazione bensì consideri procedure che permettano, definiti chiaramente gli ambiti di potenziale utilità, l’accesso rapido da parte di specialisti che trattano pazienti con infezioni gravi, per i quali tali farmaci potrebbero essere un salva-vita”. (MATILDE SCUDERI)

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