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In arrivo i ghostbuster del colesterolo cattivo

La PCSK9 una proteina prodotta dal fegato è il nuovo bersaglio dei farmaci anticolesterolo del terzo millennio

Maria Rita Montebelli
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Si chiama ‘LDL' ed è sinonimo di colesterolo cattivo. In pratica il nemico numero uno per la salute delle arterie, soprattutto quelle del cuore e del cervello. E' per questo che i medici raccomandano di tenerlo a bada in tutti in modi: intanto con una dieta povera di grassi animali (burro, formaggi stagionati, carni grasse, uova, ecc) e dove questa non fosse sufficiente (il fegato di alcune persone è un grosso produttore di colesterolo), anche ricorrendo ai farmaci. L'invenzione del secolo scorso, che è valsa il premio Nobel ai ricercatori che hanno scoperto il meccanismo alla base della produzione di colesterolo da parte del fegato, sono state le statine, farmaci in grado di abbassare in modo significativo i livelli di LDL. Una pietra miliare nella storia della medicina, anche considerando il fatto che ad una riduzione di circa 40 mg/dl i livelli di LDL nel sangue, corrisponde un abbattimento del 22% degli eventi cardiovascolari (ictus e infarti) ad un anno. Le conoscenze ci sono e i farmaci pure. Ma la cruda realtà delle statistiche racconta che una grossa percentuale di pazienti ad alto rischio (cioè quelli che hanno un rischio del 5-10% di rimanere vittime di un evento cardiovascolare nell'arco dei prossimi 10 anni) e quelli affetti da ipercolesterolemia familiare, una malattia genetica che provoca elevatissimi livelli di LDL circolanti, continuano ad avere livelli di LDL ben al di sopra dei valori che le linee guida delle società scientifiche considerano ‘accettabili'. “C'è bisogno di nuovi farmaci anti-colesterolo – afferma il professor Alberico Catapano, presidente della European Society of Atherosclerosis – soprattutto in tre categorie di pazienti: quelli ad alto rischio cardiovascolare, quelli con ipercolesterolemia familiare e quelli intolleranti alle statine. E al momento le opzioni terapeutiche, al di là delle statine, sono veramente scarse”. Una svolta nella terapia. Ma potrebbe essere vicino il momento di un'altra svolta nella storia della terapia delle ipercolesterolemie. PCSK9 è una proteina prodotta dalle cellule del fegato insieme ai recettori per le LDL, una specie di piccole mani che risalgono e si fissano sulla superficie delle cellule del fegato con il compito di catturare le particelle di LDL circolanti, portarle all'interno della cellula, rilasciarle in una sorta di ‘inceneritore' (i lisosomi) per poi risalire in superficie, pronte a catturare altre particelle di LDL. Le proteine PCSK9 si legano al complesso recettore-LDL e impediscono al recettore di sganciarsi dalla LDL prima di finire nell'inceneritore, provocandone così la distruzione. Meno recettori ci sono sulla superficie dell'epatocita, meno LDL viene rimosso dalla circolazione; lasciato lì a circolare, l'LDL prima o poi va a depositarsi sulle arterie, a formare placche di aterosclerosi e a combinare i guai che vanno sotto il nome di infarto o di ictus.  La scoperta della PCSK9 risale ad appena una decina di anni fa ma i ricercatori di tutto il mondo ne hanno subito intuito le enormi potenzialità terapeutiche. Alirocumab di Sanofi Regeneron è un anticorpo monoclonale umano anti-PCSK9, uno dei primi farmaci contro questo nuovo meccanismo, in avanzata fase di sperimentazione. “Gli studi di fase 2 – spiega il professor Eli M. Roth, direttore della cardiologia preventiva, all'Università di Cincinnati (Usa) - hanno dimostrato che questo nuovo farmaco è in grado di ridurre i livelli di LDL del 40-70%, oltre a quello che riescono a fare le ‘vecchie' statine. La somministrazione viene fatta per via endovenosa, ad intervalli di 2 o 4 settimane. Gli effetti collaterali e la sicurezza di questo farmaco, stando agli studi di fase 2 condotti finora sono risultati ottimali”. Per questo alirocumab è stato ‘promosso' alla fase 3, il vaglio necessario per puntare all'approvazione definitiva, prima di entrare in commercio. I risultati sono attesi tra circa un anno. Un soffio se si pensa che tutto è partito dalla scoperta di una proteina ‘sconosciuta', appena dieci anni fa. E' quel che si chiama progresso. (LAURA MONTI)

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