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Roberto Scarpinato, il grillino che faceva affari col condannato per mafia

Paolo Ferrari
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Volano gli stracci fra Matteo Renzi e Roberto Scarpinato. Il motivo? I rapporti fra l'ex procuratore generale di Palermo, ed ora candidato di punta del M5S gestione Giuseppe Conte, con Antonello Montante, ex potentissimo presidente della Confindustria siciliana, condannato in appello ad 8 anni di carcere per associazione mafiosa. La vicenda, riportata nel libro intervista "Lobby e Logge" scritto dall'ex capo dell'Anm Luca Palamara con il direttore di Libero Alessandro Sallusti, è tornata d'attualità l'altro giorno durante un incontro elettorale del leader di Italia Viva nel capoluogo siciliano. Nel libro, l'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati aveva rivelato che quando era al Csm si sarebbe attivato il piano "salviamo il soldato Scarpinato". Tutto ebbe inizio in occasione dell'arresto di Montante, ufficialmente un paladino della lotta alla mafia. Durante la perquisizione a casa dell'imprenditore siciliano, erano stati infatti rinvenuti alcuni documenti da cui emergevano suoi rapporti molto intensi con Scarpinato, come diverse 'richieste' da parte di quest' ultimo.

 

 


MAPPE E NOMINE
In particolare, un appunto datato 3 maggio 2012 con la dicitura: «Scarpinato mi consegna composizione del Csm con i suoi iscritti per nuovo incarico, procura generale Palermo più Dna». L'appunto era una "mappetta" disegnata della sala del Plenum del Csm a Palazzo dei Marescialli con sopra indicati, in maniera assai precisa, i nomi dei vari componenti, laici e togati, e la loro rispettiva appartenenza politica o di corrente. Le successive attività per capire come mai un magistrato antimafia come Scarpinato si fosse rivolto ad un soggetto esterno alla magistratura per una nomina, si erano poi concluse senza addebiti nei confronti del diretto interessato. «Insinuazioni calunniose e prive di alcun fondamento di Luca Palamara, ex magistrato radiato dall'ordine giudiziario per indegnità e rinviato a giudizio per gravi reati», la replica al vetriolo di Scarpinato nei confronti dell'ex collega. Immediata la controreplica di Palamara che aveva invitato Conte a chiarire i suoi rapporti con il faccendiere, poi arrestato e coinvolto nelle trame di Piero Amara, Fabrizio Centofanti. La querelle Renzi-Scarpinato fa comunque tornare alla mente una interrogazione parlamentare del 1999 presentata dall'allora forzista Filippo Mancuso. All'epoca Palamara non c'era.

 

 


RELAZIONE DETTAGLIATA
Scarpinato, raccontò Mancuso, aveva venduto ad una società siciliana che era rappresentata dalla signora Rosaria Di Grado, moglie del boss mafioso Salvatore Fauci, un immobile della propria famiglia. Lo aveva venduto per la somma esorbitante di quasi 700 milioni, quando ne valeva 300. Un immobile in Sciacca che oggi «è assolutamente abbandonato e da nessuno frequentato», disse Mancuso. E Fauci «era ben noto a Scarpinato, perché quest' ultimo, nel 1992, ne aveva chiesto il proscioglimento». Nel 1996, anno della compravendita, «Scarpinato, aveva dato atto», mentre gli vendeva l'immobile a caro prezzo, «che Fauci, il suo compratore o comunque il marito della sua acquirente era un mafioso indagato». Mancuso recuperò una relazione della procura della Repubblica di Palermo, firmata anche da Scarpinato, che documentava che il compratore o il marito della compratrice di Scarpinato «era un mafioso legato ai Siino, braccio destro del famoso Siino!». 

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