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Rivolta contro l'euroI tedeschi: basta Merkel

Il settimanale tedesco Spiegel attacca: "La cancelliera ha reso continentale una crisi locale"

Matteo Legnani
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Il prof è stato bacchettato dalla Corte dei Conti e da Bankitalia Ma con la Merkel potrebbe stringere un patto d'acciaio se al ballottaggio delle presidenziali francesi Hollande affonderà Sarkozy.  Un patto che per noi significa tanti guai.   La chiamano fedeltà nibelungica, con un tenebroso richiamo wagneriano, la sindrome dell'attaccamento incrollabile agli amici nel momento della sventura. Ieri la valchiria era Angela Merkel. «La cancelliera continua a sostenere Nicolas Sarkozy», ha dettato alle agenzie il suo portavoce Georg Streiter. Ha aggiunto che comunque non sono in cantiere comizi o altre iniziative elettorali della cancelliera democristiana  in tandem con Sarkozy. L'appoggio in prima persona del cancelliere tedesco agli amici stranieri di rado porta fortuna, vedi  i comizi di Kohl in Italia con Martinazzoli nel '93 per risollevare la DC da Mani Pulite. Il portavoce Streiter ha sottolineato che Angela «collaborerà bene con ogni presidente eletto: il passato ha mostrato che il rapporto franco-tedesco è assolutamente indipendente dalle persone in carica». Minimizzare  - Nei circoli governativi si tenta di minimizzare. Si dice che se vincerà Francois Hollande, anche il nuovo inquilino dell'Eliseo, volente o nolente, dovrà cercare un'intesa con Berlino per proteggere l'euro e tranquillizzare i mercati. Tuttavia si rischia di fare i conti senza l'oste, perché, col ritorno di un socialista alla guida della Francia, la Germania non potrà continuare a dettare le regole della coabitazione  franco-tedesca in Europa.  Hollande vuole rinegoziare il patto fiscale in nome della crescita e dell'occupazione,  Merkel invece vuole cementarlo nelle costituzioni nazionali per cancellare il debito. Ma soprattutto, sia il socialista Hollande a sinistra, sia la populista  Le Pen a destra, hanno vendemmiato voti predicando l'emancipazione dalla visione tedesca dell'Europa. Il modello tedesco, se tiene conto solo del nucleo ricco della UE, minaccia di concentrare in Germania gli utili  e di aggravare il declino degli Stati meno competitivi. L'Italia, terza forza dell'eurozona,  nella mediazione tra panzer e gigolò può dimostrare il valore reale dei suoi governanti tecnici,  oppure fare la fine del classico vaso di coccio. Alla vigilia del voto, la Frankfurter Allgemeine faceva notare che  l'appiattimento di Sarkozy sulla bibbia economica della cancelliera (“Merkozy”) lo ha esposto in patria all'accusa di «pétainismo». «Mai la Germania ha pesato così tanto nella campagna elettorale in Francia», ha scritto il giornale di Francoforte. «Se il presidente francese avessero potuto eleggerlo i tedeschi – commentava ieri la Süddeutsche Zeitung – Sarkozy non avrebbe avuto motivo di tremare».  Per questo ha buon gioco lo Spiegel a sentenziare che «con il loro no a Sarkozy i francesi hanno votato anche contro la politica europea di Angela Merkel».   Il settimanale  suona la sveglia alla cancelliera: «I tedeschi credono che lei li ha guidati in sicurezza attraverso la crisi. È vero il contrario: le esitazioni della Merkel ha fatto diventare continentale una crisi locale».  Si vota anche qui - La batosta di Sarkozy è la seconda tegola in un mese per la cancelliera, dopo l'elezione a metà marzo a capo dello Stato dell'indipendente Joachim Gauck che non era  il suo candidato.  La Germania a trazione merkeliana non è più un'oasi di stabilità politica in Europa. In venti mesi, due presidenti della Repubblica si sono dimessi. Il cancellierato di Angela è  scandito dalla crescita dell'anti-politica (i «grillini» del partito dei Pirati sono nei sondaggi al terzo posto) e dallo scioglimento anticipato di Parlamenti regionali. Si è votato «fuori calendario» in marzo nella Saar e lo si rifarà il 6 maggio nello Schleswig-Holstein, dove la Cdu della cancelliera può cadere male, e una settimana dopo nel Nordreno-Vestaflia che già due anni fa ha dato un grosso dispiacere alla valchiria berlinese.    

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