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"Via Monti o cade Formigoni"

Dopo il corteo di Milano contro l'esecutivo, il Carroccio minaccia gli alleati del Pdl: "Basta sostenere i tecnici o facciamo cadere la Lombardia"

Giulio Bucchi
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Fronte interno: Bossi e Maroni insieme sul palci, anche se a quest'ultimo viene impedito di parlare e la gente s'arrabbia. Fronte esterno: La lega minaccia il Pdl: via la spina al governo Monti o facciamo cadere la giunta Formigoni al Pirellone. Sono le due fotografie del corteo padano che si è tenuto ieri a Milano contro le tasse e le liberalizzazioni dell'esecutivo tecnico. La manifestazione è stata un successo, anche se i 70-75mila militanti, presenti in Duomo secondo gli organizzatori, erano in realtà non più di 15-20mila, come scrive oggi Gilberto Oneto su "la Padania". Bossi ha sfilato tra i militanti scortato, forse per paura di contestazioni. E sul palco Maroni c'era sì, ma muto. Cosa che ha spinto i maroniani più appassionati a fischiare se non il leader maximo, almeno i suoi luogotenenti del cosiddetto "cerchio magico" Rosi Mauto e Marco Reguzzoni". Subito dopo il bagno di folla, segreteria federale in via bellerio: e da lì parte la minaccia agli alleati del Pdl: se il sostegno all'esecutivo Monti durerà ancora a lungo, il Carroccio è pronto a far venir meno il suo sostegno alla giunta lombarda di Roberto Formigoni, nella quale conta cinque assessori (tra cui il vicepresidente), oltre a un sottosegretario. Anche il presidente del Consiglio regionale lombardo, Davide Boni, è uomo del Carroccio. In queste ultime settimane i leghisti a Milano e in Lombardia (dallo stesso Boni a Salvini) non hanno lesinato critiche anche pesanti alla "condotta morale" del Pdl, dopo gli arresti dell'ex assessore Massimo Ponzoni e del vicepresidente del Consiglio regionale Franco Nicoli Cristiani. Una presa di distanza a parole che ora viene minacciata anche nei fatti. Non è un segreto che il Carroccio punti alla poltrona più alta del Pirellone, per la quale il occasione delle regionali 2010 era circolato addirittura il nome dello stesso Maroni. Ancor di più oggi, che sono in mano leghista le presidenze di Piemonte e Veneto.

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