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Bobo dà 7 giorni a Umberto

Sfida finale nella Lega: Bossi, stanco, prova ad accontentare Maroni che però non si accontenta. I suoi vogliono autoconvocarsi

Giulio Bucchi
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La primavera leghista non si ferma più e Umberto Bossi sta battendo la  ritirata. La forza dei militanti ha messo in un angolo il Senatur, che solo quattro giorni fa aveva vietato a Roberto Maroni di tenere comizi. Il grande capo non ha fatto i conti con il suo popolo, che ormai è stanco delle giravolte, ultima quella sul caso Cosentino. Il tappo è saltato e il cerchio magico, cioè i guardiani della reggia di Gemonio, ora hanno paura. L'altra sera nel Veronese si è arrivati alle mani: cinquecento padani hanno impedito a Francesca Martini di parlare, fra urla e spintoni. La base ha detto basta ai candidati imposti dall'alto, come nel caso di Maurilio Canton nella culla del leghismo, Varese. E Maroni questa volta ha deciso di andare fino in fondo: non farà prigionieri tra i pretoriani del Senatur ma anche fra quelli che lui riteneva amici. Bossi? Ormai è stanco, non ne può più. Ieri ha incontrato in via Bellerio l'amico di una vita, il cofondatore del partito ed ex ministro dell'Interno. Bobo gli ha detto chiaro e tondo che il problema non è lui, che non vuole cacciare nessuno, ma se i cosiddetti consiglieri del segretario federale soffiano sul fuoco e cercano di emarginare chi porta voti... beh, basta, non si può più fare finta di niente. Vogliono la guerra? E guerra sia. Maroni ha così chiesto a Umberto di convocare i congressi al più presto: quello federale, per dire, non si tiene dal 2002. E l'ex ministro delle Riforme ha aperto alla proposta, dopo aver notato che i militanti hanno usato tutti i mezzi possibili per far capire che se non si va alla conta il partito andrà in frantumi. Tra l'altro in un momento che vede il Carroccio in netto recupero: l'ultimo sondaggio del TgLa7 ha rivelato un balzo dell'1,2%, dal 9 al 10,2 per cento. Bossi ha capito che se non apre a Bobo è la fine. A un certo punto sono girate voci anche di dimissioni spontanee da parte del leader massimo. Maroni però non ha infierito, si è accontentato del colloquio a viso aperto. Per ora, perché poi ha posto un ultimatum: domenica c'è la manifestazione a Milano, contro le tasse di Monti, e lunedì prossimo c'è il Consiglio Federale, che si annuncia come il più decisivo di sempre. Ecco, o i congressi saranno convocati entro quella data, o salta tutto. Gli stessi  direttivi provinciali, a maggioranza maroniana, potrebbero avanzare richiesta formale: la base è con lui. D'altronde, in tre giorni, Bobo ha ricevuto  320 inviti nella sola Lombardia. «Se li accetto tutti - ha scherzato l'ex ministro arrivando in serata alla presentazione di un libro a Milano - sono impegnato per 10 anni». Il primo appuntamento è domani sera a Varese, dove si sta preparando nel dettaglio l'incontro “Libera Padania”, al quale  potrebbe partecipare anche Bossi. Gli organizzatori  hanno annunciato che l'appuntamento è stato spostato in un teatro più grande «visto l'elevato numero di adesioni già arrivate». Dal Santuccio, 300 posti, all'Apollonio, 1.200. «Tutte le sezioni sono mobilitate», assicurano i promotori, i primi a mettersi in gioco poche ore dopo il divieto di parlare imposto all'ex titolare del Viminale. Il quale non perde occasione, coi giornalisti, in tv o sul suo profilo Facebook per ribadire di essere «soddisfatto per la grande reazione di affetto» espressa da militanti e simpatizzanti contro la «fatwa» del cerchio magico. Una solidarietà che però, a parte certi casi, non ha sentito dai dirigenti considerati maroniani. A cominciare da Giancarlo Giorgetti, segretario della Lega Lombarda. Va bene non ricevere affetto da Marco Reguzzoni o da suo suocero Francesco Enrico Speroni, ma da Giorgetti... Probabilmente anche lui entrerà nel libro nero di Maroni, dove già sono scolpiti i nomi del cerchio magico. Anche Berlusconi ha capito che questa non è una crisi passeggera. Per questo ha chiamato sia Bossi che Maroni: a entrambi ha detto di essere vicino. Segno che Roberto ormai è leader. Come lo era Umberto. di Giuliano Zulin

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