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Pansa: l'Italia deve decidere se salvarsi o no

Il governo tenta di trascinare il Paese fuori dalla bufera, ma giornali ed elettori li sfottono. Occhio: se ci mollano i tecnici è la fine

Giulio Bucchi
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Forse qualche lettore di Libero  ricorda le piene del Po. Io le rammento perché sono nato in una città padana e il Po è sempre stato un nostro vicino di casa.  Se ne parlava tutti i giorni, con amore o con timore. Si cominciava a temerlo quando la pioggia veniva giù di continuo e il livello del fiume aumentava a vista d'occhio. Arrivando a lambire le arcate dei due ponti cittadini, il pedonale e il ferroviario. Da bambino non avevo il coraggio di guardarlo, il Po in piena. Il solo rumore dell'acqua mi faceva spavento. Un rombo di mille motori, un tumulto di robaccia marrone che andava all'assalto come un nemico che proceda alla cieca. Sotto la pioggia battente, un'ovatta grigia annullava spiagge, alberi, baracche dei pescatori, casupole vicine alla riva. Soltanto il fiume non si lasciava annullare. Nessuna foschia aveva la forza di divorarlo. Era un drago, il Po. Cresceva di continuo, come i mostri giganteschi che oggi vediamo nei film horror. Chiamava a raccolta tutte le sue onde furiose per distruggere paesi, strade, ponti, cascine, argini, campi lavorati e boschi spontanei. Era possibile fermare il disastro, o attenuarlo, soltanto se chi viveva sul Po decideva di andare in battaglia. Per trasportare sacchi di terra, rafforzare le rive, tutelare case e persone in pericolo, evacuare edifici a rischio, aiutare gli sfollati che crescevano di numero. Tutti si davano da fare, nessuno si rifiutava. Non esistevano renitenti o disertori in questa chiamata alle armi. L'obiettivo era uno solo: non morire e salvarsi. La piena del Po mi ritorna in mente quando osservo la grande crisi europea. Anche in questo caso, oggi e non domani, a minacciarci è un mostro che vuole prenderci tutto: la sicurezza, il tenore di vita, il lavoro, i risparmi, la speranza nel futuro. Molti non se ne rendono conto, ma è cominciata la terza guerra europea. Se vogliamo avere la possibilità di non perderla, e di sopravvivere, ciascuno deve fare  la propria parte. Come accadeva quando il Po stava per rompere gli argini. Molti italiani si rendono conto che non esiste altra strada. Ma vedo anche tanti che non lo capiscono e chiudono gli occhi dinanzi alla realtà. Al punto che, mentre la guerra diventa ogni giorno più difficile, è inevitabile farsi una domanda: l'Italia vuole salvarsi o no? È un interrogativo crudele, però non privo di senso. Lo dice lo spettacolo deprimente che ogni giorno i media ci descrivono. Il governo di Mario Monti era appena nato, quando abbiamo visto partire subito le raffiche del sarcasmo. Ecco i Secchioni. Quelli del loden. La spocchia della sobrietà. Il tratto gelido del premier. La ministra Fornero che piange in diretta tivù. I mercenari dei grandi banchieri. La lobby dei professori al servizio della Spectre finanziaria mondiale. Sono degli incapaci. Prima li manderemo casa e meglio sarà.  Subito dopo, con un salto logico paradossale, si è preteso dagli incapaci di tutto e di più. Il governo Monti è entrato in carica meno di due mesi fa, il 16 novembre, eppure gli si chiede già quali siano i risultati del suo lavoro. Come mai i Secchioni non hanno ancora mandato al tappeto la Francia e la Germania? Non ci vengano a raccontare la favola che gli egoismi e gli errori dell'Europa rendono il cammino più difficile. La verità è che i Professori non sono all'altezza del compito. I Secchioni mostrano di saper fare soltanto una cosa: aumentare le tasse agli italiani. È inutile osservare che le tasse cresceranno sempre, fino a quando troppi si rifiuteranno di pagarle o ne pagheranno soltanto una minima quota. La lotta all'evasione è il compito numero uno di tutte le democrazie moderne. Ma a casa nostra è considerata un sopruso intollerabile. Sento dire che siamo in uno Stato di polizia fiscale. E i blitz di Cortina e di Portofino sono una vergogna nazionale. La lotta contro Equitalia, l‘agenzia che riscuote i tributi, per molti è sacrosanta. Equitalia è il braccio violento dei Professori sadici. Avanti con i pacchi bomba, con i proiettili spediti per posta, con le minacce a dirigenti e funzionari. Questa guerra alle tasse bisogna capirla, strillano comici miliardari e politici del vecchio centrodestra. E molti media si accodano a questa crociata. Per populismo o per miopia. Tuttavia, i veri avversari dei Secchioni sono i partiti politici. Non tutti, per fortuna. I Professori si reggono sulla saggezza di una quota della Casta, per il momento maggioritaria. Ma tanti pennacchioni delle due Camere sbavano di vederli al tappeto. Il lavorio nascosto per farli cascare ha una bandiera: l'assenza di memoria. Nessuno dei pennacchioni vuole ricordare le bugie che ci hanno spacciato ancora pochi mesi fa: l'Italia è ricca, i ristoranti sono zeppi, non si trova un posto in aereo. Per cancellare le menzogne dell'altro ieri, se ne inventano di nuove, sempre più bombastiche. Da noi, il presidente della Repubblica e i Secchioni hanno attuato un colpo di Stato. La Germania ci ha obbligato a licenziare un premier eletto dal popolo, per sostituirlo con un mercenario al servizio della Culona tedesca. La democrazia è sospesa. Il golpe ci ha resi schiavi di una dittatura europea. La nostra sovranità nazionale è defunta. Siamo occupati dalle SS di Berlino. Gli ultrà di destra e di sinistra si ritrovano, finalmente, uniti nella lotta. Anche non pochi media scoprono di essere sulla stessa barricata degli ultrà. I più moderati vanno alla ricerca del pelo nell'uovo. Sempre più spesso, lasciano la parola ad altri professori, o presunti tali, che hanno l'orticaria nel vedere dei loro pari grado arrivati al potere. Di qui derivano errori nei quali cascano anche giornaloni di solito cauti. Il ministro Tal dei Tali ha un pacco di azioni bancarie che non vuole vendere. Il giorno dopo, si scopre che il ministro le ha vendute da un pezzo. Autocritica professionale dell'accusatore? Neanche un pizzico. Trionfano le notizie non controllate. I sarcasmi tipici dei fogli goliardici. Il piacere di soffiare sul fuoco. D'accordo, i media sono nati per pubblicare notizie che la gente non conosce. Ma se la notizia offerta al pubblico non esiste, che cosa rimane del giornalismo? Soltanto la faziosità a buon mercato. E destinata a non avere più un mercato, ossia a perdere clienti. Per tutto questo, i Secchioni lavorano nella bufera. Forse qualcuno di loro sarebbe anche felice di mollare la stecca. Fare il volontario a dispetto di tutti, è un mestiere da cani. Se poi anche quelli che vuoi salvare ti sparano nella schiena, ci vuole la pazienza di mille santi per continuare. Del resto, che alternativa esiste ai Secchioni? Una soltanto: le elezioni anticipate. Ma nessuno le vuole per davvero. Sarebbe un risiko colossale. Capace di schiantare il paese. E forse senza neppure un vincitore certo. Quale morale trarre da questo puzzle, imperfetto e al di sotto della realtà? Forse una sola. Nonostante tutto, l'Italia è un paese abbastanza serio. Ma con una forte minoranza di autolesionisti che non vogliono essere salvati. Se fosse sempre vero che a scrivere la storia sono i piccoli gruppi e non i grandi, dovremmo rassegnarci: siamo fottuti. E le piene del Po ci spazzeranno via sempre.   di Giampaolo Pansa

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