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Monti si arrende: non decido io

Il premier: il governo non può intervenire in caso di inerzia del Parlamento sul trattamento economico degli onorevoli

Lucia Esposito
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L'abbiamo sfidato. Caro presidente Monti, titolava ieri Libero, se vuoi davvero dare un taglio ai lussi della casta, comincia a ridurre i soldi che il ministero del Tesoro trasferisce ai Palazzi del potere politico: Camera, Senato e Quirinale. Così facendo si potrebbe subito risparmiare 1,3 miliardi di euro. E non è poco, visti i tempi di crisi. Un consiglio utile per fare cassa velocemente, che il presidente del Consiglio, nonché ministro dell'Economia, potrebbe mettere in pratica senza tanti problemi, aggirando la temuta rivolta dei parlamentari e dando un segnale chiaro al Paese. Mario Monti, seppure indirettamente, ci ha risposto. «In relazione al titolo di un quotidiano secondo il quale, in caso di inerzia del Parlamento in merito ai trattamenti economici dei senatori e dei deputati, interverrebbe il governo, la Presidenza del Consiglio fa sapere che la competenza appartiene alle Camere e non esistono poteri sostitutivi in materia».  La musica, dunque, è sempre la stessa. Il prof bocconiano chiede più sacrifici agli italiani, spara un decreto salva-Italia carico di tasse, ma all'idea di toccare i privilegi della politica frena: non è compito mio. Il premier sa bene che il suo colloquio con il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, a capo della commissione sul livellamento retributivo Italia-Europa, ha causato parecchi mal di pancia alla casta già furibonda per i tagli preannunciati. Tagli che saranno decisi solo dai parlamentari, in ragione del principio dell'autodeterminazione delle due Camere. Il super tecnico, comunque, può stabilire dove sforbiciare nella pubblica amministrazione. Su questo ha campo libero.   I capigruppo in Parlamento, intanto, stanno mettendo a punto le loro proposte di riduzione degli sprechi. La deadline sarà il 31 gennaio, anche perché sia Fini sia Schifani l'avevano detto: se la commissione Giovannini non ultimerà il suo lavoro entro fine 2011, decideremo noi nell'Ufficio di presidenza come procedere. I  questori sono già all'opera. La senatrice Adriana Poli Bortone chiede ai presidenti di abolire in tre mesi le commissioni non permanenti. Il senatore Lauro (Pdl) sollecita invece il premier a rendere pubblici i redditi dei suoi ministri. L'Italia dei Valori getta benzina sul fuoco. Antonio Di Pietro ha scritto al premier per chiedere un intervento immediato, anche «con provvedimenti legislativi urgenti», sull'abbattimento dei costi della politica. Tonino ha ricordato che l'Idv ha votato all'esecutivo «una fiducia motivata», in attesa della promessa dell'equità sociale. Ecco le proposte dell'Idv: soppressione immediata delle Province, diminuzione del numero dei parlamentari (complessivamente a 500) e dei consiglieri regionali. Riduzione dei cda delle società pubbliche e soppressione dei vitalizi. Modifiche al rimborso delle spese elettorali, soppressione del Cnel, stop alle auto blu. Monti ci pensi, è il pressing Idv.  Mario Pepe, deputato Pdl, ha invece un'altra idea: un contributo di solidarietà di 50mila euro da  parte di ogni parlamentare. «Non si risolve il debito togliendo il vitalizio o riducendo la diaria». Sicuro? «Sicurissimo. Poi bisogna ridurre del 50% il numero di parlamentari e consiglieri regionali. Però», aggiunge, «non serve toccare le indennità. Vogliono equiparare i nostri stipendi ai francesi, ma delegare al Parlamento le spese di rappresentanza per i portaborse allo Stato costerà di più». Il rischio, dice Pepe, è che questo clima di antipolitica produca «un Parlamento di pezzenti che si vendono al migliore offerente».  di Brunella Bolloli

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