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Politici in rivolta: siamo poco pagati

Gli onorevoli si ribellano alle riduzioni delle indennità: prendiamo solo 5mila euro. E sfidano SuperMario: non spetta a lui decidere i tagli

Lucia Esposito
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La casta fa la sdegnata e prova a smentire i risultati della commissione Giovannini. Nega tutto. «Noi ricchi? Ma se prendiamo 5mila euro netti al mese. Meno degli altri parlamentari europei». Sarà per via di quei 30 euro in più che hanno i francesi o dei 100 euro di differenza con l'indennità dei tedeschi. Eppure il gruppo di lavoro sul livellamento retributivo Italia-Europa, guidato dal presidente dell'Istat, nonostante abbia prodotto solo una relazione provvisoria, ha però messo nero su bianco ciò che era noto a molti: i parlamentari italiani sono strapagati. Percepiscono più di 16mila euro lordi al mese (escluse le spese di rappresentanza) contro i 13.500 di un collega francese, i 12.600 di uno tedesco, i 10mila di un olandese. Tutto falso secondo l'ufficio di presidenza della Camera (in pratica il vertice della casta), che ha ribattuto alle polemiche dicendo che i nostri onorevoli sono vittime dell'antipolitica e di una campagna mediatica ostile. Colpa di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella che, per primi, hanno scritto sui privilegi e gli sprechi, appunto, della “Casta”. «Affidiamo a loro il compito di terminare il lavoro della commissione», ironizza Alessandra Mussolini. La battuta piace anche all'ex sottosegretario Carlo Giovanardi. A ruota parlano un po' tutti, dal Pd Bersani al finiano Italo Bocchino per il quale «il problema non è tanto il costo dello stipendio di ogni parlamentare, che va comunque ridotto, ma il numero di deputati e senatori, che in Italia sono troppi». Non è vero, dichiarano da Montecitorio, che i parlamentari italiani s'intascano 11.283,28 euro al mese: tale cifra, riportata nelle tabelle ufficiali, è riferita al lordo e come tale non vale. Però da noi i politici hanno buste paga più gonfie che nei Paesi Bassi perfino al netto: lì infatti lo stipendio degli onorevoli si ferma a 4600 euro. La commissione Giovannini ha rinviato al 31 marzo la scadenza di una seconda relazione. Come se non bastasse il presidente del Senato Renato Schifani, con una lettera inviata ai capigruppo di Palazzo Madama, ha contestato il rapporto della commissione che non è arrivato, ma solo «provvisoriamente acquisito dal sito del Dipartimento Funzione pubblica, in assenza di una tempestiva e opportuna trasmissione ufficiale». Schifani nella lettera anticipa quello che avverrà: «Le decisioni sui tagli saranno prese dal consiglio di presidenza, unico organo deputato a decidere sulla materia». Tradotto: i tagli ai nostri stipendi li facciamo noi. Tace per ora il presidente della Camera Gianfranco Fini (che ieri ha compiuto 60 anni). Ma a breve, come annunciato, dall'ufficio di presidenza dovrebbe partire un intervento sulle spese per i collaboratori (3.690 euro). Il governo, invece, resta un passo indietro sulle questioni delle indennità dei parlamentari (nessuna ingerenza, hanno ordinato i diretti interessati), però il premier Mario Monti non vede l'ora di creare un'apposita task force per analizzare in modo approfondito la materia.   di Brunella Bolloli

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