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Il sottosegretario alla Difesa eletto per errore

Gianluigi Magri, neosottosegretario alla Difesam ha occupato senza diritto il suo scranno a Palazzo Madama

Lucia Esposito
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«Mettiamola così, alla Difesa c'è un abusivo». Abusivo perché, spiega l'ex senatore di An Stefano Morselli, per due anni Gianluigi Magri, neosottosegretario di Giampaolo Di Paola a via XX Settembre, ha occupato senza diritto il suo scranno a Palazzo Madama. I fatti risalgono a due legislature fa, quando dal 2001 al 2003, prima di essere dichiarato decaduto dall'Aula, Magri è stato seduto al Senato. Un'elezione da subito contestata da Morselli, che reclamava, e a ragione, quel seggio per lui. «Magri fu imposto da Pier Ferdinando Casini a Bologna, e io esiliato a Modena. Nonostante questo, dopo che la corte di appello proclamò eletto Magri, su mio ricorso la procura di Modena rifece lo scrutinio e assegnò il seggio a me», ricorda Morselli, oggi alla guida del movimento Destra federale. Tutto risolto? Macchè. Perché i tempi del Parlamento, tra istruttoria della Giunta delle elezioni e voto dell'assemblea, sono lunghi. Così si arrivò fino al febbraio del 2003, quando l'Aula, su indicazione della Giunta, votò a stragrande maggioranza per la decadenza di Magri e l'ingresso di Morselli.  Non senza un (tentato) colpo di scena. E questo perché poche ore prima del voto, lo stesso Magri presentò a sorpresa le proprie dimissioni da senatore. «Lo fece per conservare il proprio status, a partire dal vitalizio», sostiene oggi Morselli. Fatto sta che l'Aula, con il concorso di 40 franchi tiratori della maggioranza, respinse le dimissioni aprendo la strada alla dichiarazione di decadenza di Magri. Che però, su insistenza di Casini, fu ricompensato del “sacrificio” con la poltrona di sottosegretario all'Economia. «Ricordo che Silvio Berlusconi, il giorno della mia proclamazione a senatore, mi fece avere un biglietto con scritto: “Mi sei costato tanto, ma non potevo fare altrimenti. Buon lavoro”». Allora, infatti, l'Udc era uno dei partiti della Cdl, peraltro impegnato in un quotidiano braccio di ferro con Giulio Tremonti, ministro dell'Economia. La storia, però, non finisce qui. Perché Magri, denuncia Morselli, «si è ben guardato dal restituire al sottoscritto l'indennità e la diaria percepita in due anni di senatore. Lui che, secondo la pronuncia di Palazzo Madama, senatore non è mai stato. Se proprio vuole rifarsi una verginità, riconsegni tutto». La battaglia legale, quindi, proseguirà: «Presto intenterò un'azione ai suoi danni per risarcimento danni».  di Tommaso Montesano

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