Tutte le balle di Super Mario tra poteri forti e federalismo
Monti dice che il suo governo non è quello dei poteri forti e che il conflitto di interessi non esiste. Poi aggiunge: il federalismo lo vogliamo. C'è da crederci?
Super Mario Monti parla bene, non c'è che dire, applausi sia per la battuta sul non stacacre la spina ("Non sono mica un polmone artificiale..."), sia per l'aneddoto sul Saddam Hussein del business ripescato nel corso del suo intervento alla Camera prima del voto di fiducia. Super Mario Monti parla bene, ma gli sfugge qualche mezza verità. O per dirla tutta, senza mezze verità o mezze parole, da quella bocca gli sfugge qualche balla. Ne abbiamo contate tre. La prima, e la più evidente: il premier ha sostenuto a Montecitorio che quello nato non sia il governo del conflitto di interessi. Senza dilungarsi - ve ne abbiamo dato conto compiutamente in una serie di schede, ministro per ministro - è sotto gli occhi di tutti che il nuovo esecutivo abbia diverse matrici, che spaziano da quella cattolica, a quella imprenditoriale-bancaria (Corrado Passera?) fino all'editoria. La seconda balla è strettamente connessa alla prima ed emerge quando Monti respinge l'accusa che il suo governo sia quello dei poteri forti: questo esecutivo raccioglie le influenze della comunità di Sant'Egidio, della Cei, della principale banca italiana (la Banca Intesa abbandonata da Corrado Passera) e di tutte le quote di riferimento dei ministri. Terza e ultima balla, quando Monti spiega che il federalismo è tra i suoi obiettivi e che il ministero della Coesione territoriale non è né alternativo né contrapposto a quello per l'attuazione del Federalismo che fu di Bossi. Sarà...