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Napolitano aspetta il patatrac a Montecitorio

Sul Colle Pdl e Lega: niente governi tecnici. Ma il presidente fotografa la crisi e fa sapere: sceglierà il parlamento...

Giulio Bucchi
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Dopo due giorni di consultazioni informali al Quirinale, sentite le forze di maggioranza e di opposizione, Giorgio Napolitano tira le fila. E affida al Parlamento la decisione finale: «I prossimi sviluppi dell'attività parlamentare mi consentiranno di valutare concretamente la effettiva evoluzione del quadro politico-istituzionale», scrive. A seconda di cosa accadrà in Parlamento, deciderà come muoversi. Ma il passaggio chiave, quello che fa scattare un immediato commento di Pier Ferdinando Casini, che rianima gli incerti, fa sperare il Pd, mette sul chi va là Vendola e fa tremare il Pdl, è poco prima di queste parole. Quando il presidente della Repubblica spiega che, verificato come le forze di maggioranza «confermano la loro fiducia nell'attuale governo, giudicandolo senza alternative», mentre quelle di opposizione «considerano necessaria una nuova compagine di governo su basi parlamentari più ampie», chiarito questo, «alle une e alle altre forze appartiene interamente la libertà di assumere le rispettive determinazioni in Parlamento». La parola centrale è «libertà». Che non è, si precisa al Quirinale, un invito a comportarsi liberamente rispetto alle indicazioni di partito. Piuttosto è una contestazione. Napolitano prende atto che, al di là delle posizioni illustrate dai partiti, la maggioranza è tutto fuorché granitica. Tra lettere di dissidenti e gente che si sfila, il quadro è traballante. C'è, quindi, una «libera dialettica» parlamentare. Ed è lì che, nei prossimi giorni, si vedrà se il governo ha la forza per andare avanti o no. Non dice che non c'è più la maggioranza - anche se il passaggio di tre deputati dal Pdl all'Udc e l'annuncio che un Responsabile sarebbe pronto a non votare la fiducia fanno pensare sia così. Non dice nemmeno che il governo se ne deve andare. Dice, però, che la certezza della delegazione del Pdl, guidata da Alfano, («Abbiamo i numeri, questo governo o il voto») non basta più. Nel senso che non tutti, nel Pdl, la pensano così. In Parlamento, dunque, ciascun eletto potrà esercitare la propria «libertà». L'attesa sul Colle è per martedì. Quando alla Camera dei deputati si voterà sul rendiconto del bilancio bocciato tre settimane fa. Se venisse di nuovo bocciato, Napolitano non si limiterà a un richiamo. La nota quirinalizia è incisiva anche per un altro fatto. La chiarezza con cui fotografa le posizioni emerse dalle consultazioni: quella della maggioranza (Berlusconi o elezioni), quella dell'opposizione (un governo alternativo). L'ipotesi di andare al voto, carezzata a lungo anche da una parte del Pd, è archiviata. Questa constatazione diventa un fattore di smottamento in quella che un dirigente del Pdl chiama «l'area grigia» tra i due schieramenti. Quella, cioè, formata da chi è alla prima legislatura, sa che probabilmente non tornerà più in Parlamento e quindi ha un obiettivo: arrivare al 2013, scavallare la scadenza dei 4 anni, 6 mesi e un giorno per poter ottenere l'ambito vitalizio. Gli stessi che il 14 dicembre decisero di salvare il governo Berlusconi proprio perché dava loro garanzie di continuare la legislatura. Oggi quello stesso schieramento è, invece, probabile garanzia di andare diritti al voto anticipato. Il fatto che Napolitano lo riconosca toglie ogni dubbio. Cosa succederà dopo? Al Quirinale, ovviamente, ci si rifiuta di vagliare ipotesi su scenari futuri. Quando succederà, si vedrà. Si ripete che Napolitano tutto vuole, tranne dare il proprio imprimatur a un «ribaltone». Darà il via libera, se ce ne saranno le condizioni, a un governo di emergenza, istituzionale o tecnico, che abbia come stella polare gli impegni di «risanamento finanziario e di rilancio della crescita economica e sociale» presi davanti all'Europa. Concretamente le ipotesi, a grande linee, restano due. La prima è un governo Monti, magari preceduto da un primo tentativo istituzionale: Napolitano dà l'incarico a Renato Schifani, il quale verifica di non avere la maggioranza. Quindi convoca Monti. L'ex commissario europeo ha incassato la disponibilità di Pd e terzo polo, ma anche, ieri, l'ostilità assoluta di Pdl e Lega. Le chance di questa soluzione, quindi, dipendono dalla consistenza del “pezzo” che potrebbe staccarsi dal Pdl. Se è vero che Napolitano non permetterà «ribaltoni» è anche vero che, con gli spread a questi livelli e il rischio di default, non porrà come condizione che ci stia tutto il Pdl. Non è detto che a un governo di emergenza partecipi tutto lo schieramento di maggioranza così come tutto quello di opposizione. Il presidente, cioè, non vedrebbe male una nuova maggioranza che escluda Lega e Idv e tenga dentro il Pdl o una sua parte. L'altro scenario è che Silvio Berlusconi, capito di non avere la maggioranza in Parlamento, si dimetta e indichi Gianni Letta. Né il Pd, né il terzo polo appoggerebbero un esecutivo di questo tipo. Ma entrambi hanno fatto capire al presidente della Repubblica che non alzerebbero le barricate. di Elisa Calessi

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