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Congiura dei vigliacchi contro Silvio

Gli scontenti del Pdl hanno scritto una lettera anonima anti-premier: o vengono fuori o dimostrano che lo fanno solo per la poltrona

Andrea Tempestini
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Caro Silvio, fatti da parte e acconsenti a un governo di larghe intese: questo, in estrema sintesi, il contenuto di una lettera sottoscritta da una ventina tra deputati e senatori del Pdl. Il destinatario afferma di non averla ricevuta: potrebbe essere un espediente per eludere la questione, evitando così di aprire un nuovo fronte interno. Se si tratta d'una bugia, è una bugia a metà: nessuno, infatti, ammette d'averla firmata. Nei corridoi di Montecitorio, la sua esistenza è data tuttavia per certa, benché non ne esistano copie. Una missiva fantasma, che non è stata né scritta né recapitata, ma di cui si conoscono le parole esatte, riferite dal bocca a bocca parlamentare; impossibile risalire con certezza alla fonte. Il messaggio politico equivale a una busta contenente un proiettile: i sicari hanno voluto far sapere al governo che sono in grado di colpirlo in qualsiasi momento. L'anonimato rende più insidiosa la minaccia ed evita, a chi l'ha profferita, l'incomodo di esporsi. La storia insegna: le congiure si ordiscono nell'ombra. Potrebbe tuttavia trattarsi d'un disegno più articolato, frutto di democristiana astuzia. Come nei romanzi d'appendice - dai quali l'intera vicenda non si discosta - facciamo un passo indietro. Qualche settimana fa, Scajola e Pisanu avevano riunito a cena un pugno di scontenti, i malpancisti del Pdl. Nel rispetto d'un rito caro alla Prima Repubblica, era stata annunciata la stesura d'un documento: un passaggio dal quale, nella vecchia Dc, la costituzione d'una corrente non poteva prescindere. Quel documento non s'è visto, e per due buone ragioni: nel timore di possibili ritorsioni, i convitati non se la sentivano di schierarsi apertamente, mentre l'imminenza dei congressi imponeva cautela; guai a contarsi prima del tempo, soprattutto se si è in pochi.  Di qui il cambio di strategia. Da una parte c'era l'esigenza di mandare un segnale ai fratelli separati dell'Udc, dichiarando la propria disponibilità a sostenere un nuovo esecutivo allargato ai centristi e alla sinistra; dall'altra appariva controproducente prendere il Cavaliere di petto: meglio non correre il rischio di essere esclusi dalle liste nel caso in cui l'ipotesi di elezioni anticipate avesse preso corpo a breve. Ecco dunque farsi strada l'idea della famosa lettera: per ottenere l'effetto voluto, è bastato annunciarne per vie traverse l'invio. Bersani e Casini adesso sanno con certezza che possono contare su una quinta colonna nel Pdl, indispensabile per formare una maggioranza diversa dall'attuale. Berlusconi, dal canto suo, ha ricevuto un avvertimento: se la situazione precipitasse, per lui sarebbe più difficile arrivare allo scioglimento delle Camere. Scajola e Pisanu, probabili artefici dell'operazione, sono due ex ministri che non hanno mai digerito d'aver perso il posto; entrambi appaiono divisi tra il desiderio di vendetta e il sogno d'una rivincita impossibile. A spalleggiarli sono deputati e senatori di fila, senza nome e senza volto, disposti a qualsiasi compromesso pur di tenersi il seggio in parlamento (e le relative prebende).  Non avrebbero firmato la lettera come non hanno firmato il documento; restano in attesa, sempre pronti a guidare alla vittoria il vincitore, Silvio Berlusconi o chiunque altro non fa differenza. Uomini senza qualità, ai quali manca il coraggio delle proprie idee per il semplice fatto che non ne possiedono. Mastella, parlandone da vivo, si assunse la responsabilità del ribaltone, come Fini dello strappo. Loro no: acquattati nell'ombra, attendono gli eventi. di Renato Besana

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