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L'Europa ci pressa per salvarsi

Niente esami all'Italia: il problema è generale e riguarda la sopravvivenza stessa della moneta unica

Giulio Bucchi
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Sul fronte europeo non si deve finire fra gli accusati e si deve rifiutare la logica dell'esame. Sul fronte interno non si deve finire nel ridicolo, fantasticando di riforme (le pensioni insegnano) che non si è in grado di fare. La gran parte delle cose che si leggono e si sentono sono pregne di faziosità e prive di razionalità, appartengono al mondo delle sceneggiate, mentre lo spettacolo che va in scena ha un tema che non si presta né alla ridarella, né al soppiatto: la morte dell'euro. La moneta unica è davanti alla propria fine, se l'Europa non saprà essere davanti all'inizio di una nuova e più profonda unità federale. A me la lettera della Banca centrale europea piace. L'avevamo già scritta e la svolgeremmo con ancor maggiore entusiasmo. Ma il punto è: perché hanno potuto scrivercela, perché possono indicarci quel che si dovrebbe fare? Risposta: perché stanno comprando titoli del nostro debito. Se ci fosse ancora la lira, se quello fosse un prestito all'Italia, l'esame sarebbe più che dovuto e noi si dovrebbe rispondere alle domande senza star tropo a cincischiare. Ma la lira non c'è più e la Bce non sta investendo soldi per salvare l'Italia, li sta impiegando per salvare l'euro, quindi se stessa (ecco perché nessuno s'è occupato delle dimissioni del rappresentante tedesco, mentre tutti restano allibiti dalle mancate dimissioni di quello italiano). In queste condizioni (posto che mi sale la bile nel passare in rassegna le cose che il governo non ha saputo fare) gli esami non dobbiamo subirli noi, ma l'architettura istituzionale europea, che sta crollando sia nella versione monetaria che in quella politica. Diciamolo in modo più ruvido: l'Ue e l'euro possono sopravvivere ad un'eventuale uscita della Grecia, mentre quella dell'Italia segnerebbe la fine. Quindi, quando Merkel e Sarkozy accomunano i due Paesi commettono, prima di tutto, un gravissimo errore. Le offese seguono, ma sono fesserie per fessi. Nel momento in cui s'è affermato che i greci non sarebbero stati abbandonati, ma neanche salvati, s'è messa a rischio la posizione dei Paesi più grossi, rendendoli bersagli facili. L'esame, allora, ce lo facciamo assieme, ma non lo facciano a noi. A capo: sul tema delle pensioni stiamo concentrando ignoranza, insipienza e autolesionismo. Il nostro sistema pensionistico sarà, a regime, fra i più solidi, visto che lega l'età del ritiro alle aspettative di vita. La sua debolezza è intermedia, perché si è fissata troppo in avanti la data di partenza. La scala doveva essere fatta con meno gradini, ma più alti. Posto che nel cumulo delle pensioni che si pagano ce ne sono troppe elargite in modo dissennato, a gente che ha lavorato poco, ove mai abbia lavorato, e posto che quest'ingiustizia pesa sui lavoratori e si potrebbe anche prelevare dei soldi a danno di chi è andato in pensione da bambino, posto, inoltre, che solo una classe politica di deficienti non capisce che la prima cosa da farsi è tagliare i vitalizi parlamentari, non perché siano rilevanti al fine dei conti, ma lo sono in quanto a credibilità, resta il fatto che quei gradini furono alzati, ma poi riabbassati. Ad alzarli fu un governo di centro destra, con una riforma che porta il nome di un leghista (Maroni), ad abbassarli il successivo governo di centro sinistra. È semplicemente ridicolo, allora, immaginare che la rottura fra Lega e Pdl porti altro che alle urne, visto che il resto del Parlamento è pronto a muoversi, come nel passato ha fatto, in direzione opposta al necessario. In Europa il problema non è fare l'esame all'Italia, perché se non si mette una zeppa sotto la ruota del frantoio, azionato dall'incompatibilità fra moneta unica e debiti diversi, dopo le olive greche si strizzeranno gli attributi di tutti gli altri. In Italia il problema non è la fragilità (si fa per dire, essendo composta di briciole) della maggioranza sul tema delle pensioni, ma l'inconsapevolezza della classe dirigente tutta circa la posta in gioco. Poi, per carità, se si divertono a tirarsi le palline di carta nel mentre non capiscono la lezione, facciano pure. Regaleremo loro il libro di Collodi, che era assai più bello della versione che (forse) loro conoscono: il cartone animato. di Davide Giacalone www.davidegiacalone.it

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