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Sforbiciata ai parlamentari? Già insabbiata...

Dopo la marcia indietro, l'ipotesi riparte dalle commissioni. Ci sono già cinque proposte: l'appovazione in mano ai peones

Andrea Tempestini
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Dunque per la riduzione dei parlamentari bisogna tornare a sperare in Camera e Senato. Ovverosia nell'harakiri dei singoli parlamentari. Il governo, infatti, per ora ha fatto marcia indietro. Prima gli annunci roboanti al termine del vertice di Arcore in agosto e le successive dichiarazioni di diversi esponenti dell'esecutivo, su tutti il ministro Roberto Calderoli, poi più nulla. Non una parola, né un fiato durante il varo della manovra in Senato. Con relativa sorpresa della stampa e dei maggiori osservatori. «Ma che fine ha fatto il dimezzamento dei parlamentari?», si chiedeva due giorni fa in prima pagina il Corriere della Sera. Tutto ricomincerà dal Parlamento. E precisamente da Palazzo Madama, dove i disegni di legge per il taglio dei nostri rappresentanti sono cinque: uno della Lega (Mazzatorta e Bodega), uno del Pd (Luigi Zanda), uno del Pdl (Benedetti Valentini), uno del Svp (Oskar Peterlini) e uno dell'Idv (Felice Bellisario). I ddl sono stati incardinati in commissione Affari costituzionali, dove sono stati scelti anche i due relatori. Si tratta di Enzo Bianco del Pd e di Gabriele Boscetto del Pdl. «Io mi impegnerò affinché la legge diventi operativa prima delle prossime elezioni. E rivelerò chi eventualmente si metterà di traverso», osserva il presidente della commissione, Carlo Vizzini (Pdl). «Se tutti i gruppi parlamentari terranno fede ai loro impegni», continua, «avremo una maggioranza dei due terzi e non ci sarà bisogno del referendum». Insomma, secondo il presidente della prima commissione, «premesso che i parlamentari se potessero eviterebbero, perché, come si suol dire, i capponi non vogliono anticipare il Natale, ci si rende conto che in questo momento di crisi la politica deve dare il buon esempio». E «oltretutto questo è un tema molto sentito dai cittadini che ci vedono come una casta troppo numerosa». La parola, dunque, ora passa ai partiti: se la volontà esiste, l'iter non dovrebbe essere troppo lungo, perché non ci sono discussioni filosofiche da fare, ma si parla solo di numeri: doppio passaggio in Camera e Senato, pausa di tre mesi, poi altra doppia lettura e il gioco è fatto. Con il governo che verrà a dare il suo parere in commissione. Dove la discussione dovrà portare a un testo unitario. Per questo motivo ieri Peterlini ha proposto l'istituzione di una sottocommissione per arrivare a una singola formulazione. L'idea del senatore del Svp è di portare i deputati da 630 a 300 e i senatori da 315 a 150. Quella del Pd, invece, prevede 400 deputati e 200 senatori, mentre la proposta del Pdl è quella più morbida con 500 parlamentari alla Camera e 250 in Senato. La Lega, invece, vorrebbe usare la scure, con parità assoluta tra i due rami del Parlamento: 250 a Montecitorio e altrettanti a Palazzo Madama. Infine, per ultima è giunta l'Idv, che chiede il dimezzamento esatto dei parlamentari. Ieri, infine, sulla questione dei privilegi della politica è intervenuto anche Giorgio Napolitano, esortando a «fare attenzione a usare definizioni come “casta politica” perché così si prospetta una notte in cui tutto è grigio o nero». Il capo dello Stato ha poi auspicato l'introduzione di «una legge elettorale che permetta una democrazia dell'alternanza». di Gianluca Roselli

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