Norma è necessaria: non si può difendere a oltranza l'anzianità
Libero dibattito. Per Nino Suseri "i patti sono stati violati". Risponde Franco Bechis: "Non si può difendere a oltranza l'anzianità"
Il dibattito sulla norma che rivede il sistema pensionistico penalizzando chi ha fatto la naja o chi ha riscattato il titolo di studio si sviluppa non soltanto in Parlamento e nelle piazze, ma anche sulle pagine di Libero. A Nino Sunseri il provvedimento non piace: "Vengono violati i patti. Così lo Stato punisce chi ha studiato e servito la Patria". A Sunseri risponde Franco Bechis: "Il provvedimento non mi piace ma è necessario. Chi difenda a oltranza l'anzianità brucia il futuro dei propri figli". Segue l'articolo di Nino Sunseri. La norma non c'è, e quindi è assai difficile da giudicare. È possibile che la proposta di escludere l'anno di militare o quelli universitari pre-laurea dal conteggio per andare in pensione abbia profili di ingiustizia e perfino di incostituzionalità. Chi ha già speso dei soldi per riscattare il periodo di laurea è due volte arrabbiato, perché il governo stesso ha pubblicizzato con campagne quella possibilità e quindi ha la sacrosanta convinzione di avere acquistato quel diritto ad andare in pensione prima. Vedremo il testo - se mai sarà depositato - e giudicheremo. Si potrebbe conservare le vecchie regole per chi ha già speso dei soldi e introdurne delle nuove che rendano inutile la spesa per il riscatto. Bisognerebbe poi escludere ogni dubbio su chi ha riscattato già militare e laurea alla data del 31 dicembre 1995 e con quegli anni aveva i 18 anni di contribuzione necessaria per andare in pensione con il regime retributivo, che assicura importi pensionistici ben più alti. Detto questo, resta il tema di fondo. Lo slogan “non si toccano diritti acquisiti” che ogni volta viene gridato quando si parla di pensioni, non sta proprio in piedi. Il sistema pensionistico italiano oggi non è equilibrato: dal fondo pensioni lavoratori dipendenti a quelli minori, quasi tutti ogni anno incassano meno contributi delle pensioni erogate. Siamo ancora in deficit anche se le riforme fin qui varate hanno allontanato un po' il baratro. Il debito pubblico italiano è alimentato ogni anno da quattro settori che sono in squilibrio: le entrate, grazie all'evasione fiscale, la sanità, il pubblico impiego e la previdenza. I conti non si mettono a posto se non con una manovra che riduca l'evasione e intervenga su sanità, pubblico impiego e previdenza. E intervenire significa toccare diritti acquisiti. E soprattutto quelli che diritti non sono, ma semplici aspettative rispetto a leggi generose che non possiamo più permetterci. Questo tema si è posto in quasi tutti i paesi occidentali negli anni passati. Anche i tedeschi avevano leggi che gli consentivano di andare in pensione prima. Le hanno cambiate. I francesi lo stesso. Gli inglesi sono i primi ad essere partiti con la previdenza integrativa. Gli spagnoli hanno alzato l'età pensionabile a inizio di quest'anno. Nessuna di queste decisioni è piaciuta a chi sperava di andare in pensione prima. Ma dopo la prima arrabbiatura in Francia, in Germania, in Inghilterra e in Spagna, hanno capito e accettato quel che era necessario. Lo hanno fatto come accade in un popolo. Che non pensa solo di restare attaccato al privilegio presente, ma al futuro. Il futuro di noi italiani ha già dato una notizia meravigliosa: vivremo di più. La brutta notizia per i nostri figli è però che così rischiamo di stare in pensione più di quanto abbiamo lavorato. Quindi i nostri contributi non pagheranno il nostro meritato riposo e siccome ci intigniamo con la storia dei diritti acquisiti, prendiamo già da quel che non c'è: i contributi che verseranno i nostri figli. Per non andare in pensione un po' più tardi noi, ci mangiamo la loro pensione, lasciandoli a secco fra 40, 50 o 60 anni. Non pensiamo come fa un popolo, ma ognuno al piccolo giardinetto suo, e l'egoismo è così che manco ci accorgiamo di divorare con quello i nostri figli, come il Crono della mitologia. Vero che per divorarli appena nati mangiandoci il loro futuro, ormai facciamo che non dargliene del tutto: i figli non nascono più. È così che muore un popolo. È così che si distrugge un Paese. Ed è assai più drammatico dell'anno in più di lavoro prima di andare in pensione. di Franco Bechis