"Attenzione a non buttare il bambino con l'acqua sporca"
"Il pericolo di un ritorno al '92 non è irripetibile. La retorica antipolitica rischia di premiare chi non riesce a vincer col voto" / MAGLIE
Caro direttore, non è vero che il pericolo di quel periodo infame, dal 1992 al 1994 per circoscriverlo temporalmente anche se rozzamente, sia irripetibile, non credo proprio che il bipolarismo imperfetto di oggi ci preserverà né credo che siano serviti lo straordinario ricambio politico, molto di quantità poco di qualità e con alcuni cascami spaventosi di quell'epoca, tantomeno ritengo che a salvarci da un altro golpe giudiziario sarà il fatto che gli italiani ora siano vaccinati dalle tentazioni orribili di far fuori "l'aula sorda e grigia" per esorcizzare la loro sostanziale inadeguatezza a far valere i diritti democratici tutti i giorni e in democrazia. Può darsi che la mia esperienza personale, quella di una a cui cadde una tegola in testa della distruzione complessiva, ma fu pesante e dolorosa, e il modo ancor m'offende, mi renda troppo sensibile agli attacchi pur giustificati ai privilegi di una politica che chiede austerità e non sembra capace di buon esempio, credo però che i giornali che questi rischi hanno ben presenti debbano usare una prudenza estrema nello sparare nel mucchio, nell'aizzare la tentazione dell'antipolitica che alla fine favorirà, favorirebbe, voglio usare il condizionale, per la seconda volta gli stessi che sono stati allora e sono anche oggi incapaci di conquistarselo con la politica e con i voti il diritto a governare da protagonisti contemporanei e non da fantasmi del passato di falce e martello. Non intendo sostenere che si debba appoggiare certi idioti dai quali le fila del centrodestra sono afflitti, né che Berlusconi non abbia responsabilità enormi nell'aver scoperto e promosso certi personaggi, nell'aver abdicato al dovere delle riforme liberali, nell'insopportabile vezzo del compromesso al ribasso, i muscoli ostentati solo nella comunicazione, poco nell'azione. È sempre stato sotto schiaffo dei giudici, ma la forza di un leader, insegnano gli anglosassoni, si misura nelle grandi difficoltà e la storia anche recente ne è piena. Dalla sciagurata missione in Libia allo strapotere di Tremonti, dai capricci delle ministre miss alle nomine a sottosegretari di certi Responsabili che fino al giorno prima erano campioni di assenteismo parlamentare, e mettici pure tutti i privilegi scandalosi, dall'elicottero per andare alla fiera del peperoncino allo stile di alcuni triumviri, sono convinta che un giornale indipendente come Libero debba fare casino ogni giorno, e mi impegno a trovartene uno al giorno di mascalzoncello colto col sorcio in bocca, come si dice a Roma, se continuerai a farmi scrivere quel che mi pare come hai sempre fatto in tanti anni di felice collaborazione. Dobbiamo anche incalzare senza il timore censorio delle iniziative giudiziarie e del conformismo mediatico lecchino l'iperattivismo del Quirinale, perché questa non è ancora una Repubblica presidenziale; voglio poter domandare a Napolitano come gli venga in mente di chiedere di un parlamentare brillante e onesto, che farebbe egregiamente il ministro della Giustizia, quale è Annamaria Bernini, "ma quanti anni ha?", perché se la signora ne ha 45 e il presidente ne ha più di 86, questo è solo il prodotto della gerontocrazia italiana, non una discriminante di merito, né si può con un pezzo di cervello sognare un tecnico a capo del governo, con l'altro esigere più di una legislatura parlamentare per una promozione a un posto di governo. Voglio indignarmi per il rinvio a giudizio coatto, contro il parere del pm espresso due volte, del ministro Romano, farci una campagna, e domandare come mai il Quirinale di quel rinvio fosse persuaso così anzitempo. Pazienza se sul Colle si risentono, è la democrazia, baby, e tu non puoi o non potresti farci niente. Sui parlamentari e le parlamentari radicali in questi giorni mi delizierei a massacrarli. Con un patto però, se non vogliamo, come accadde allora, buttare il bambino con l'acqua sporca e ritrovarci alla Terza repubblica peggiore della seconda: con il patto che non attribuiamo solo ai politici i costi iniqui e ammettiamo che si tratta di battaglia simbolica; che la smettiamo con il tafazzismo che ci fa fare gli sprezzanti sulle conquiste che pure portiamo a casa, una per tutte le quote rosa nei cda che avremmo dovuto cavalcare contro le femministe strumentali della piazza di "se non ora quando"; che mai e poi mai ci facciamo venire la tentazione di assomigliare al Fatto, all'Unità, e pure alla Padania. Si tengano l'amor per le manette, il sopracciglio sollevato, il pissipissi con i corridoi e le toilettes delle procure. Ecco allora che seguono le cifre, che il ceto politico costa ai contribuenti italiani più o meno 2 miliardi di euro ogni anno, su un totale di spesa pubblica di più di 700 miliardi di euro. Si possono e si devono introdurre forme di tassazione e di controllo, ma la nostra classe dirigente non si migliora con la gogna ma con un'attenta selezione e con la diminuzione del numero dei deputati, dei senatori, dei dipendenti della presidenza della Repubblica. Ci sono anche i costi delle amministrazioni regionali, provinciali, giustissima qui la campagna di Libero, delle comunali; i costi dei big della finanza, degli enti pubblici, delle banche, che fra stipendi, bonus e liquidazioni arrivano a cifre esagerate, altro che sostituzione dei politici con i tecnocrati, magari scelti dai gruppi di potere che controllano i giornali in buona maggioranza. È un altro ragionamento, tutto da sostenere con convinzione, purché non caschiamo nel trappolone di concepire la democrazia rappresentativa come un peso morto, un bubbone da asportare. Finisce male, col bivacco di manipoli. di Maria Giovanna Maglie