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Saviano, un'ammucchiata contro Silvio

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La seconda puntata di "Vieni via con me" mette a punto il programma del governo tecnico e attacca la Lega

Giulio Bucchi
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di Francesco Borgonovo Viene smentito chi pensava che Roberto Saviano non fosse più in grado di scrivere un libro. Lo ha scritto eccome: è il manifesto programmatico del grande inciucione che mira a detronizzare Silvio Berlusconi.Undecalogo chehain “Vieni via con me” - la trasmissione che l'autore di Gomorra conduce assieme a Fabio Fazio e di cui ieri sera è andata in onda la seconda puntata - la sua realizzazione concreta. L'unica possibile, fra l'altro, trattandosi di semplice intrattenimento televisivo. Il programma stilato da Saviano, a dire il vero, non è gran cosa: nulla a che vedere con il tomo mostruoso che sfornò Romano Prodi ai tempi in cui guidava il centrosinistra. A Robertino è bastato mettere assieme il congiurato Gianfranco Fini e il leader del Pd Pier Luigi Bersani. Aggiunta qualche banalità buonista di contorno, la frittata era bell'e fatta. Oltre al consueto Silviuccio, il bersaglio di “Vieni via con me” è stata la Lega, accusata di essere sodale della mafia. Sì, davvero: Saviano ha parlato per un tempo interminabile allo scopo di dimostrare che il problema dei clan riguarda soprattutto il Nord. Roberto ha citato pure Gianfranco Miglio, un pensiero sulle mafie estrapolato a caso da chissà dove, onde dimostrare che i padani, al pari del Cavaliere, sono il male assoluto E a chi bisogna dare fiducia, allora, cari elettori? Ma a Fini e alla sinistra. Lo ha detto anche Silvio Orlando a inizio puntata: che bello vedere i progressisti amare Indro Montanelli e il presidente della Camera. In questa frase c'è tutto il programma. Una patina di liberalismo d'accatto, un po' di patriottismo di maniera (siamo tutti italiani, volemosse bbene, canta Luciano Ligabue, ospite d'eccezione), amicizia verso gli immigrati e verso i rom, giustizialismo d'assalto, elogi farlocchi alla Costituzione e, soprattutto, odio per il Cavaliere. Sotto la superficie il nulla assoluto: Robertino si misura con la bioetica e incensa Piergiorgio Welby, poi dà campo libero allo pseudocristianesimo di don Andrea Gallo. Ma quel che conta è disarcionare Silvio puntando sull'emotività e sui giochetti, a costo di mettere insieme un postfascista e un ex comunista, i quali si scoprono tutti nazionalisti, guarda un po'. Dunque via con i servizietti a Gianfranco e Bersani. I quali parlano per slogan e emettono sentenze incredibilmente affini, per non dire sovrapponibili. Perché, ovviamente, non vengono intervistati, ma comiziano. Bersani spiega che cos'è la sinistra. Elogia il 25 aprile e dice che l'ingiustizia «fa male all'economia», che la «laicità» è fondamentale, che per governare «bisogna essere persone per bene, che è un fatto privato», poi cala il sonno. A Fini tocca spiegare che cosa sia la destra, e singolarmente sono gli stessi concetti espressi da Bersani. «Bisogna essere italiani», dunque via la Lega. Destra è «senso dello Stato, etica pubblica», niente clientele. «La legge deve essere uguale per tutti», sai che genialata. Bisogna essere persone per bene, è il succo, e ovviamente, ci spiegano Fazio, Gianfry e Pier, Silvio non lo è. Evviva, l'inciucione è pronto. Tutti i temi sono buoni per il programma dell'ammucchiata stilato da Saviano. Al quale, mentre parla, sembra spuntare l'aureola. Però, se uno guarda bene, si accorge che è solo il riflesso della luce di studio sulla pelata.

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