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Franceschini "non l'aveva raccontata tutta": Brigate rosse, chi era davvero

di Man. Cos. domenica 27 aprile 2025

2' di lettura

Non l’ha mai raccontata fino in fondo, Alberto Franceschini. Di questo erano convinti in molti. Lui, uno dei fondatori delle Brigate Rosse, era presente già nel novembre 1969, al convegno di Chiavari, in Liguria, dove all’Hotel Stella Maris si riunirono una settantina di appartenenti al Collettivo politico metropolitano di Milano, e tra loro molti di coloro che, l’anno successivo, avrebbero fondato le Br. E infatti sempre lui, Franceschini, c’era anche l’anno successivo, agosto 1970, quando si tenne il convegno di Pecorile, vicino alla Reggio Emilia in cui era nato e cresciuto comunista da una famiglia di estrazione comunista nel mito della rivoluzione tradita, convegno nel quale fu deciso il passaggio alla lotta armata. Decisione che avrebbe cambiato la storia d’Italia.

«L’ho saputo ora della sua morte, mi hanno scritto dei suoi colleghi. Mi dispiace, non sapevo stesse male», così ha commentato la notizia del decesso del 77enne l’avvocato Ambra Giovene, che in passato l’aveva difeso. L’aveva detto a pochi, della malattia. Com’era nel suo stile.

Arrestato nel 1974, era stato giudicato responsabile di numerosi atti terroristici, tra cui il sequestro del giudice Mario Sossi e l’uccisione di due esponenti del Msi. Dopo aver lasciato il carcere definitivamente nel 1992, con la sua pena estinta (grazie agli sconti derivati dai benefici di legge) dopo 18 anni di reclusione, ha lavorato a Roma presso l’Arci, come dirigente di una cooperativa sociale che si occupa di lavoro e aiuto a immigrati, disoccupati, minori a rischio, detenuti e tossicodipendenti.

Ma l’ultimo caso politico che l’ha visto protagonista risale solo all’anno scorso, febbraio 2024, quando fu identificato insieme con altre persone che si erano trovate a Milano nei giardini dedicati ad Anna Politkovskaya per commemorare Alexei Navalny, l’oppositore del presidente russo Vladimir Putin morto in un carcere russo.

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