25 aprile, il Pd insultato in piazza e Schlein esulta pure

Dem accerchiati da centri sociali e immigrati già prima del corteo: "Vergognatevi!". Elly lunare. Attaccato pure Landini
di Alessandro Gonzatosabato 26 aprile 2025
25 aprile, il Pd insultato in piazza e Schlein esulta pure
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Milano, avamposto settentrionale di Islamabad, 25 aprile, ore 12.45. Ferventi difensori della Costituzione italiana sventolano bandiere della Palestina e accerchiano un camioncino bianco su cui è issato un grande cartello col simbolo del Pd, sezione “Milano metropolitana”. «Ver-go-gna, ver-go-gna!», «As-sas-si-ni!», «Siete peggio dei fascisti!», «State con Israele, fate schifo!». L’esercito è formato da appartenenti a centri sociali e contestatori solitari, immigrati di seconda e terza generazione. Il muezzin, un giovanotto italico con kefiah e megafono, da un furgoncino aperto sul retro – anche questo bianco ma tappezzato di vessilli rosso-bianco-nero-verdi – guida la rivolta: «Come cazzo fate a dire la parola “resistenza” e a guardarvi allo specchio?». E ancora: «Sciacalli!»; «Gaza libera, Palestina libera!». Sulla fiancata del furgoncino è affisso uno striscione con la scritta “Gloria alla Resistenza fino alla liberazione”. Il testo è tradotto in arabo. Mancano ancora un paio d’ore all’inizio ufficiale delle celebrazioni.

L’aria è già pregna dell’odore di sigarette truccate. Idem, come da copione, volevano intestarsi la giornata contro le camicie nere. Il canovaccio è andato a rotoli: oltre alle elezioni ora il Pd targato Schlein perde pure la festa della Liberazione. Non era facile. Elly arriva trafelata da Marzabotto, nel Bolognese, dove in mattinata ha iniziato la sua strenua giornata partigiana. La segretaria sfoggia una camicia vinaccia su cui l’armocromista ha piazzato un’enorme giacca blu. Le dimensioni ricordano quelle dell’abbigliamento del ragionier Filini che si era presentato nella villa in collina dei conti Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare con un micidiale frac preso in affitto: Filini sembrava un mutilato. Fantozzi, narrava sempre la voce fuori campo, praticamente era in bermuda. Torniamo a Milano. Elly, per tentare di recuperare lo smacco delle contestazioni, prova a giocarsi la carta della supercazzola, arte in cui eccelle: «Il nostro impegno quotidiano anche oggi in mezzo a tutte queste persone è continuare ad attuare quella meravigliosa Costituzione e pensare a chi ancora oggi si vede negate troppe libertà dal punto di vista dei salari, della dignità, della sicurezza sul lavoro, della cura delle persone. La Costituzione è ancora il nostro faro e va attuata fino in fondo». Ma in fondo dove? La capodem prende fiato e riparte: «È la festa che ci consente tutte le altre. Viva l’Italia antifascista». Dalla claque strappa degli applausi.

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Elly rilancia: «C’è una partecipazione straordinaria, riusciamo ancora a commuoverci». Lacrima e non dice una parola né sulle pernacchie al Pd né sulla Brigata Ebraica nuovamente intimidita dai filo-palestinesi. Nemmeno il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, proferisce verbo. Intanto le immagini delle contestazioni rimbalzano sui social. Il presidente dell’Anpi Milano, Primo Minelli, ha un guizzo: «La tensione tra antifascisti nel corteo del 25 aprile? È la democrazia. L’uso della democrazia», prosegue, «va fatto con grande responsabilità e senso di equilibrio, oggi lo troveremo». Ma sì, con calma. Nel frattempo passano le ore e sul sito di Repubblica non c’è traccia delle proteste. Però, va detto, avrebbero soprasseduto anche se fossero stati contestati Meloni o Salvini. L’imbarazzo è tanto, e quando Bonelli sbaglia a posizionarsi nel corteo – si è presentato davanti alla Brigata Ebraica – la situazione non migliora.

«Oh, ma hai visto la Serracchiani?», si danno di gomito due con la spilletta del Pd. La dem se n’è andata in gita a Ventotene – dove un mese fa il Pd s’era presentato in quattro gatti - «per omaggiare Altiero Spinelli, uno dei padri fondatori dell’idea di un’Europa unita, antifascista e solidale», scrive su Facebook. Era stato il mitologico Federico Fornaro, con le sue lacrime d’indignazione contro la Meloni, a dare il la alla tragicomica spedizione al confino, dove non s’era presentato neanche lui. Ieri ha provato a sminuire gli insulti al partito: «Non sarà un’esigua minoranza di contestatori a sporcare le celebrazioni». È il turno di Pierfrancesco Majorino, il quale fa parte della segreteria nazionale dei dem: «Il corteo è stato straordinario, una marea antifascista, una risposta corale a chi ancora oggi prova a riscrivere la storia». Ma chi, Majorino, chi? Tocca a Maurizio Landini. Il segretario della Cgil si avvicina al serpentone e parte la prima presa per i fondelli: «Landini, e falla una manifestazione ogni tanto!». In piazza Duomo, mentre parla dal palco, il capo della Cgil si prende una raffica di «buu», «basta!», fischi. Di nuovo: «Guerrafondaio!». «Io credo», spiega il Landini che per i lavoratori ha ottenuto meno di Bonelli per l’ambiente, «io credo che questa sia in realtà una giornata che unisce questo Paese». Ancora poco e la sinistra ne esce ammaccata, ma sì, è stato un trionfo.