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25 aprile, gli attacchi a Giorgia Meloni non finiranno mai

Giorgia e governo nel mirino dei compagni. Per loro tutto può essere descritto come "fascista", dal presidenzialismo a una politica restrittiva in materia di immigrazione
di Daniele Capezzone sabato 26 aprile 2025
25 aprile, gli attacchi a Giorgia Meloni non finiranno mai

3' di lettura

Amici di centrodestra, è finito il tempo di giustificarsi e di stare in difesa. È semplicemente incredibile che, ogni 25 aprile, i tifosi (più o meno espliciti) di altre dittature passate e presenti si mettano a dare lezioni di libertà e a organizzare esami di antifascismo. Peggio: è ancora più surreale che questi esami di antifascismo non finiscano mai. Qualunque giustificazione, qualunque argomento, non basta mai. E allora facciamola finita con questo rituale di degradazione per cui più di mezzo paese viene sottoposto a una sorta di analisi del sangue. Anche perché il teorema si tramuta presto in sillogismo. Premessa maggiore: tutto può essere descritto come “fascista”, dal presidenzialismo a una politica restrittiva in materia di immigrazione. Premessa minore: come tendenza generale, il centrodestra è maggioritario in Italia rispetto alla sinistra. Conclusione: la mobilitazione antifascista dei progressisti deve essere perenne.

Ora, in particolare nei confronti di Giorgia Meloni e della tradizione politica da cui proviene, certe accuse appaiono davvero incongrue. Non voglio nemmeno risalire al fatto che il Movimento Sociale Italiano abbia regolarmente espresso i suoi rappresentanti in Parlamento dal 1948 al 1994: e quindi non si capisce perché oggi – con effetto retroattivo – si debba negare legittimazione democratica agli eredi di coloro a cui la Repubblica l’ha garantita per quasi cinquant’anni. Ma – e questo dovrebbe chiudere ogni dibattito – i conti con il fascismo sono stati regolati una volta per tutte dai discendenti di quella famiglia politica all’inizio del 1995 attraverso quella che fu chiamata “svolta di Fiuggi”. Fu sciolto il vecchio partito, nacque Alleanza Nazionale con la guida di Gianfranco Fini, e nelle tesi approvate in quella circostanza furono inserite parole definitive che qui trascrivo appositamente in corsivo: È giusto chiedere alla destra italiana di affermare senza reticenza che l’antifascismo fu un momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato. Non solo: seguì nel 2003 il viaggio di Fini in Israele, con altre parole fortissime sul fascismo, sulle leggi razziali, su Salò.

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Ecco: la giovanissima Meloni fu prima militante, poi dirigente, poi parlamentare e vicepresidente della Camera, e quindi ministro, espressa da quel movimento politico. Successivamente, assunta la guida di Fratelli d’Italia, fino all’arrivo a Palazzo Chigi, non si contano le circostanze in cui la Meloni stessa ha pronunciato parole inequivocabili. A titolo di esempio, ecco un passaggio del discorso alla Camera in occasione della prima fiducia ottenuta in Parlamento dal suo Governo nell’autunno del 2022: «Non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso». E poi: «Ho sempre reputato le leggi razziali del 1938 il punto più basso della storia italiana, una vergogna che segnerà il nostro popolo per sempre». Conclusione: «L’orrore e i crimini, da chiunque vengano compiuti, non meritano giustificazioni di sorta, e non si compensano con altri orrori e altri crimini. Nell’abisso non si pareggiano mai i conti, si precipita e basta».

E non finisce qui, perché – ogni 25 aprile – Meloni e i rappresentanti del suo partito, come del resto i leader delle altre forze del centrodestra, hanno regolarmente pronunciato parole ineccepibili. E invece ogni volta, anziché concludersi, la polemica è stata perfino rinfocolata, con obiezioni surreali e pretestuose. La verità è che ogni volta non basta mai e l’asticella continua a salire. Non c’è condanna che basti, non c’è parola che sia sufficiente, non c’è atto politico che chiuda una pagina, un capitolo, un libro. Perfino ieri c’è stato chi non si è accontentato della frase della Presidente del Consiglio sui «valori democratici che il regime fascista aveva negato». Non è andato bene nemmeno questo passaggio. Del resto, che la malafede giochi un ruolo decisivo lo testimonia un episodio avvenuto il 25 aprile del 2009, quando Silvio Berlusconi pronunciò a Onna un memorabile discorso di pacificazione, sul quale oggi Libero torna ampiamente: si trattò del momento più alto della parabola istituzionale di Berlusconi. Ah sì? Peccato che nelle settimane immediatamente successive, proprio mentre il Cav era al vertice di ogni sondaggio, si scatenò una furiosa campagna mediatica, politica e giudiziaria contro di lui: un autentico massacro. Capito come funziona il “rituale” della riconciliazione? Uno tende la mano e gli altri gliela mozzano.
 

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