Da ottant’anni viviamo in uno stato democratico. Siamo fortunati. E dobbiamo essere grati a coloro che ci hanno lasciato questa preziosa eredità, da difendere a denti stretti. Proprio perché son passati tanti anni, bisognerebbe però avere la forza di laicizzare lo stesso mito fondativo su cui abbiamo costruito le fondamenta della nostra Repubblica. Ne uscirà più forte la stessa democrazia. Non si tratta di negare o sottovalutare, ma di passare dal mito alla storia. Intanto, occorrerebbe evitare frasi retoriche come «la Costituzione nata dalla Resistenza». Sono due cose ben distinte, se non altro perché la Resistenza è un fatto storico e la Costituzione è ancora oggi la legge fondamentale del nostro Stato.
Come tutti gli eventi storici, anche la Resistenza presenta contraddizioni, luci ed ombre, evidenti “impurità” rispetto all’immagine che ognuno può farsene. La Costituzione non ha invece di questi problemi, potendo essere emendata e aggiornata secondo le procedure che essa stessa ha stabilito (e ciò è stato fatto più volte negli anni della Repubblica). Certo, essa fu scritta in uno spirito collaborativo e unitario dai partiti antifascisti, ma quello spirito non fu lo stesso della Resistenza: i “partigiani” erano appunto “di parte”, divisi su tutto e appartenenti a forze politiche che avevano obiettivi molto diversi nel combattere i fascisti (una fetta non irrilevante era addirittura monarchica). La parte più consistente dei “partigiani” era comunista o socialista: per loro la lotta di liberazione non era stata certo intrapresa per instaurare un regime politico “borghese”, bensì per importare il comunismo in Italia. I fascisti erano per loro nemici al pari degli altri partigiani, che spesso eliminavano senza troppi complimenti (dai cattolici ai liberali, fino agli stessi monarchici).

25 aprile e l'Italia del Dopoguerra, l'oltre mezzo milione di partigiani immaginari
Una valanga di domande nel dopoguerra per avere il Diploma Alexander, appendice burocratica di riconoscimento alla milit...Quelle forze politiche iniziarono a collaborare molti tardi e per una serie di circostanze del tutto estrinseche, legate alla spartizione del mondo fra le potenze vincitrici della guerra. Su ordine di Mosca, Togliatti attuò la “svolta di Salerno”, rimandando la rivoluzione palingenetica ad un indefinito futuro. Non fu facile far accettare alla base questa decisione, tanto che molti partigiani non deposero le armi nemmeno a liberazione avvenuta, contribuendo non poco a generare quel mito della “rivoluzione tradita” che accompagnerà la storia della Repubblica fino agli anni del terrorismo brigatista.

L'altro 25 aprile, il dilemma degli alleati: "Possiamo fidarci dei partigiani?"
Prosegue il nostro viaggio per raccontare l’altro 25 aprile, ben diverso dalla narrazione della mitizzata resisten...Nel mutato clima politico, i comunisti cercarono di limitare i danni, temperando in senso socialisteggiante la Carta, alla cui stesura collaborarono, considerandola come il primo passo di una conquista graduale del potere in un tragitto di “democrazia progressiva”. Come ebbe a dire uno dei Padri della nostra Repubblica, Piero Calamandrei, «per compensare le forze di sinistra di una rivoluzione mancata, le forze di destra non si opposero ad accogliere nella Costituzione una rivoluzione promessa». È su questo “scambio” che poté crearsi quel mito della Resistenza che sarebbe poi servito come strumento politico ad una sinistra refrattaria all’alternanza democratica proprio perché ha sempre visto la democrazia non come un fine in sé ma come transizione verso qualcosa di “più alto”. Un buon servigio fatto alla verità potrebbe essere oggi quello di valorizzare il ruolo avuto, nella liberazione, dagli antifascismi non comunisti, dai militari che non aderirono a Salò e soprattutto dai tanti soldati delle forze alleate che sacrificarono la loro vita per la nostra libertà.
