Dev’esserci qualcuno, diceva Ennio Flaiano, che continua a spostare la soglia del ridicolo. Quel qualcuno, ne abbiamo avuto la conferma ieri – ce ne fosse stato bisogno – è l’attuale sinistra. Per giorni, in vista del 25 aprile – festa della Liberazione ma soprattutto contro Giorgia Meloni – i capigruppo delle opposizioni hanno invocato la solenne celebrazione in Senato. Bene, cioè male, cioè che figura compagni: ieri alla cerimonia l’aula era mezza vuota. Non s’è presentato il capogruppo del Pd, Francesco Boccia; assenti altri 15 dei 36 senatori dem; Matteo Renzi non pervenuto, e dire che la prima a sollecitare il sentito momento era stata la sua capogruppo, Raffaella Paita. Notizie di Carlo Calenda? Ha marcato visita pure lui, assieme all’altro senatore di Azione, Marco Lombardo. I 5Stelle erano appena più della metà. Sei su otto quelli di Italia Viva, con Daniela Sbrollini che se n’è andata prima del minuto di silenzio finale. Assenti inoltre tutti i senatori a vita tranne Mario Monti. Unico presente del Gruppo Misto (presieduto dall’assente Peppe De Cristofaro di Alleanza Verdi Sinistra), Celestino Magni. Gli altri 7? Mistero.
LA FARSA
Ma come: e lo Stato autoritario? La democrazia in pericolo? La soppressione delle libertà imposta dai fascio-leghisti di Palazzo Chigi? Tutto dimenticato: il weekend lungo è alle porte, siamo in pieno ponte festivo, e se è vero che il meteo su gran parte del Paese non promette granché, il modo per trastullarsi lo si trova sempre. Nei palazzi delle istituzioni, in attesa del Circo Barnum che oggi i soliti noti scateneranno sull’asse Roma-Milano – ce ne occupiamo a breve – è andato in scena l’ennesimo antifascismo al sugo, quello delle pastasciutte che in queste ore verranno servite da vecchi partigiani e giovani centri sociali.
Ieri la performance migliore è stata quella della renziana Paita. È andata così, Ignazio La Russa ha aperto le celebrazioni per l’80esimo anniversario della Liberazione, pronunciando il suo discorso seduto dai banchi della presidenza: «Ricorre la data di liberazione dall’occupazione del nazismo e dalla sconfitta del fascismo. Non è da oggi che c’è il mio convincimento personale e della mia parte politica di rispetto e piena adesione ai valori della Costituzione e quindi di rispetto della data che vide il ritorno della libertà. Leggo», ha aggiunto, «una parte del documento scritto a Fiuggi in cui senza reticenze affermavamo che l’antifascismo fu il momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato». La Russa ha poi ricordato le parole di Berlusconi a Onna e quelle di Violante. L’opposizione ha contestato la scelta di La Russa di parlare da seduto, che invero non è stata una scelta ma lo prevede il protocollo, non trattandosi della commemorazione di una persona defunta. «Polemica fuori luogo», ha commentato il presidente del Senato. Fa niente: la Paita, facendo una figura che ne richiama il cognome, all’inizio non s’è alzata nemmeno lei, e le immagini sono chiare. Poi cercando goffamente la ribalta ha invitato i colleghi a mettersi sull’attenti.
La Russa ha provato a stemperare: «Poi dovete stare in piedi mentre parlano tutti gli altri. Non mi sono permesso di stare in piedi per questo motivo, ma se preferite...». Quindi ha spiegato alla Paita il protocollo. La Russa ha continuato: «Visto che anche a questo si potrebbe dare un'interpretazione strumentale, faccio quello che secondo me non è esatto, tenervi in piedi mentre parlo. Accorcio l’intervento». Va detto che ci sono state defezioni pure nella maggioranza, di cui però tutti i capigruppo erano presenti. Oggi, dicevamo, è atteso un nuovo spettacolo. La gran protagonista, o almeno aspira a esserlo, sarà Elly Schlein: alle 10.30 presenzierà a Monte Sole Marzabotto, nel Bolognese, e alle 14.30 sarà in prima fila al corteo di Milano, che partirà dal centralissimo Corso Venezia. Come spalla avrà l’irresistibile duo Bonelli&Fratoianni; a fianco il capo di +Europa, Riccardo Magi, il quale sventolerà la bandiera del referendum sulla cittadinanza per regalarla a tutti. Pronti pure i Giovani Palestinesi, e il loro manifesto è tutto un programma: «È inaccettabile che nel corteo antifascista trovino spazio rappresentanti del sionismo. Rivendichiamo con forza di aprire il corteo insieme ai partigiani e a chi porta avanti la loro memoria. Non è una richiesta simbolica».
LA STRATEGIA
Si profila un bell’ambientino. «Siamo preoccupati», ha dichiarato l’Anpi. «Dico solo che chi ha intenzione di rovinarci la festa fa un favore alle destre», e vuoi mai che i partigiani incolpino dei probabili disordini fantomatici infiltrati “fascisti”. Intanto David Romano, direttore del Museo della Brigata ebraica, ha risposto ai pro Pal: «Che arrivino costoro che non hanno alcun titolo riguardo alla seconda guerra mondiale, e che vogliano passare davanti a tutti, già delinea che tipo di persone sono». Il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha già lanciato il grido di battaglia, un manifesto politico rosso di rabbia. Landini se ne frega del lutto per il Papa. Figuriamoci se gli interessa qualcosa dei lavoratori, per i quali ha ottenuto meno di Bonelli per l’ambiente. Sono soddisfazioni.