Elly iscrive il Papa al Pd

Alla commemorazione in Parlamento dem e grillini usano Bergoglio per attaccare il centrodestra. Mentre Meloni lo ringrazia per "l’insegnamento"
di Fausto Cariotigiovedì 24 aprile 2025
Elly iscrive il Papa al Pd
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Persino nella politica italiana esistono regole di rispetto per le persone, i luoghi e le situazioni. Ieri pomeriggio, nell’aula di Montecitorio, durante la commemorazione di papa Francesco a Camere riunite, le hanno seguite tutti, tranne una persona: Elly Schlein. La segretaria del Pd o non ha capito in quale contesto si trovava, e ha ritenuto normale comportarsi in quel luogo come in un’assemblea studentesca, o lo sapeva benissimo e ha cercato la zuffa alla vigilia del 25 aprile. Se la risposta giusta è la seconda, le è andata male: nessuno le ha dato corda.

L’appuntamento era alle 16: emiciclo pieno, i presidenti delle Camere seduti uno accanto all’altro, il governo al gran completo, Giorgia Meloni vestita di nero (andrà poi a San Pietro per dare l’ultimo saluto al pontefice). Inizia Lorenzo Fontana e ricorda che Bergoglio, «anche nelle sue condizioni di salute, nel giorno di Pasqua ha avuto la forza di impartire la benedizione Urbi et Orbi e di abbracciare simbolicamente, per l’ultima volta, i fedeli». Ignazio La Russa rievoca l’immagine del pontefice che prega nella grande piazza resa vuota dal Covid: «Papa Francesco era la risposta più eloquente alla solitudine del mondo». E poi il minuto di silenzio, l’applauso e l’inizio degli interventi, uno per partito.

Schlein è la seconda. Prima di lei Galeazzo Bignami, di Fdi, ha detto che tutti i tentativi di incasellare politicamente Bergoglio si sono rivelati inutili, «perché il papa non è di una parte e non parla a una parte». La leader del Pd sceglie invece la strada del comizio. Dice che Francesco «non merita l’ipocrisia di chi non hai mai dato ascolto ai suoi appelli quando era in vita e oggi cerca di seppellire nella retorica anche il suo potente messaggio». Il riferimento è a «chi deporta i migranti, toglie aiuti ai poveri, nega l’emergenza climatica e nega le cure a chi non se le può permettere». Dunque, al governo e alla maggioranza.
L’aula rumoreggia, c’è tensione, ma lei va avanti e infila nel discorso pure il richiamo all’antifascismo. «Ci troviamo nel cuore delle istituzioni della nostra repubblica democratica, laica e antifascista», dunque- dice - per commemorare il papa occorre «lavorare per la pace a Gaza e in Ucraina, contrastare diseguaglianze e povertà, accogliere chi fugge da guerre e discriminazioni, cambiare un modello di sviluppo che ha portato al collasso il pianeta».
Il Bergoglio di Schlein è un po’ capitano di una nave ong, un po’ Greta Thunberg, un po’ partigiano dell’Anpi e un po’ sostenitore della causa Lgbt: lo ricorda, infatti, per la frase «se una persona è gay chi sono io per giudicare». Subito dopo, la leghista Simonetta Matone rammenterà invece «le sue durissime parole sull’aborto o quelle sorprendenti, addirittura brutali, sull’omosessualità in Vaticano».


La sfida, in ogni caso, non è raccolta. Maurizio Gasparri risponde a Schlein solo indirettamente, facendo presente che «le ipocrisie sono state tante, anche di quelli che lo citano sempre e non hanno mai seguito il percorso della fede». Il senatore forzista ce l’ha pure con Giuseppe Conte, che poco prima si era proclamato erede del pacifismo di Bergoglio e aveva denunciato «lo scomposto teatro di ipocrisie e celebrazioni di chi ha ignorato i suoi messaggi e i suoi moniti». Meloni, ultima a prendere la parola, ha avuto con Francesco il rapporto più stretto tra tutti i presenti. Il suo è un ricordo personale: «Con lui eri a tuo agio. Potevi aprirti, potevi raccontarti senza filtri, senza timore di essere giudicato». Faceva così con tutti, racconta, «ti faceva sentire prezioso, in quanto unico e irripetibile, come ogni essere umano che nasce sulla terra». L’insegnamento che le ha lasciato il papa, dice la premier, è nelle «cose essenziali» alle quali si deve restare agganciati: «Il valore infinito della persona, il principio di realtà, il coraggio». Ognuno, ovviamente, ha parlato del “suo” Bergoglio. Matteo Renzi, ad esempio, ha fatto sapere che, quando era premier e avevano colloqui frequenti, il pontefice non mise bocca sulla legge per le unioni civili, perché rispettava la laicità della politica. Nessuno, però, ha usato la commemorazione per arruolarlo. Solo Schlein e Conte (lui con meno sfacciataggine di lei) sono arrivati a tanto.