Il giorno dopo la visita di Giorgia Meloni a Donald Trump il travaso di bile dei rosiconi di professione è in continua impennata e non accenna a scemare. Quella che per i veggenti della sinistra nostrana doveva essere la Caporetto del presidente del Consiglio, si è al contrario trasformata nella conferma del livello internazionale raggiunto dal nostro Paese, che col governo di centrodestra è riuscito a rialzare la testa e a trattare da Stato fondatore - cioè alla pari - con Francia, Germania e Bruxelles, intesa come Commissione europea. Basta letterine minatorie, basta «ce lo chiede l’Europa». Insomma una situazione insopportabile per quasi tutti i capi dell’opposizione e per i loro opinion leader.
Così, mentre dalla Casa Bianca arrivava l’ennesima conferma del successo del bilaterale Usa-Italia, è quasi divertente leggere i commenti degli highlander della critica «senza se e senza ma». Partiamo dai giornali che sono usciti la mattina seguente l’incontro Trump-Meloni. L’Oscar del rosicamento va senza dubbio a La Stampa e a La Repubblica.
SCENARI DA TREGENDA
I primi scatenano una Flavia Perina che racconta di una «Giorgia Meloni leader fortunata», perché «arriva alla Casa Bianca in una delle rare “giornate sì” di Donald Trump. Ma Meloni è anche «leader furba» perché «lascia il ruolo di protagonista al presidente Usa» e «sfrutta al meglio l’effetto del total white che ha scelto per l’incontro, accentuando il richiamo simpatizzante della donna sola in mezzo a una schiera di uomini incravattati e grigi». Poi racconta di una premier quasi impacciata mentre sta al fianco del truce Trump. A vederla dalla Tv non ci era sembrato fosse andata così, ma magari abbiamo visto male noi. Sempre sul quotidiano di Torino si esibisce anche l’inviato Ilario Lombardo che racconta di una Giorgia Meloni che «nello Studio Ovale è solo un’altra spettatrice dello show ciclopico del presidente americano».
Anche La Repubblica non si è risparmiata. Prima con la descrizione di una Casa Bianca acconciata alla Shining. Sentite che roba: «La visita inizia con una cromoterapia trumpiana» - avrà ingaggiato quella della Schlein? Chissà -. «tanto per mettere in chiaro chi ha in mano la clava». E insomma «il tavolo di mogano marrone scuro. Le tende di stoffa, pure loro marroni e serrate come fossa notte fonda». Una scenografia da brividi che per l’autore del pezzo «fanno parte di una strategia di intimidazione politica già rodata», ma che evidentemente non ha funzionato, visto che Meloni è apparsa tutto fuorché intimidita. Ma anche in questo caso, forze abbiamo inteso male noi. La chicca però ce la regala l’eurodeputata del Pd Lucia Annunziata che in una breve intervista spiega da consumata giornalista tv che «la telecamera in quadrava solo Trump», che «al dunque (Trump) se l’è dimenticata (la Meloni)». Il dialogo Trump-von der Leyen? «Può essere che si incontrino, ma non perla mediazione della Meloni». Insomma bile tracimante.
Anche il dibattito politico di ieri ha regalato autentiche perle. Riassumiamole. In casa Pd Elly Schlein spiega che «non mi pare un gran bilancio. Il problema - sentenzia - non è dialogare con Trump, ma farlo a testa alta». Per il deputato Piero De Luca «Meloni ormai è un tour operator», mentre la collega Chiara Gribaudo spiega che «è stato un viaggio per i selfie e le foto». Stesso giudizio per il dem Alfredo D’Attorre: «Risultati zero, rimarrà solo qualche foto». Scatenati anche i Cinquestelle, che passano dal «è finita 2-0 per Trump» di “Giuseppi” Conte al «Meloni fa i compiti assegnati da Trump» del senatore Pietro Lorefice. Passando per il «Meloni è la yes woman di Trump» di Michele Gubitosa» e «il ponte che voleva costruire Meloni con Trump sembra quello di Salvini sullo Stretto di Messina: un progetto irrealizzabile».
AMICHETTISMO E SOVRANISMO
Critico anche Matteo Renzi: «Quello di Meloni a Trump, più che un bacio della pantofola è un bacio della morte» e «è stato un viaggio da zero a zero». Il suo vice, Davide Faraone, invece, riduce il tutto a un «faccia a faccia tra due sovranisti che condividono una visione comune: oscurantismo, protezionismo, egoismo». Pioggia di critiche anche dal duo di Avs Bonelli-Fratoianni. Per il primo la dichiarazione congiunta è un «documento vergognoso che sancisce nero su bianco, la resa totale dell’Italia a gli Stati Uniti». Fratoianni invece usa le alluvioni per attaccare il governo: «invece di glorificare il viaggio della Meloni, ministri e sottosegretari farebbero bene ad impegnarsi sul fronte climatico». E ancora: «Ora tocca ai climafreghisti al governo svegliarsi». Infine il segretario di +Europa, Riccardo Magi parla di «diplomazia dell’amichettismo sovranista». E credeteci sulla parola, potremmo andare avanti ancora per molto. Il problema è che poi a mettere ordine in tutto questo bailamme arriva la realtà. Quella di una Ursula von der Leyen che in serata spiega che «è un bene l’incontro tra Meloni e Trump», come a dire che «Giorgia negli Usa non c’è andata per conto suo o dell’Italia, ma anche a nome dell’Europa». E giù bile.