Referendum, Magi resta solo: Schlein e Conte subito in fuga

La solitudine del leader di +Europa alla presentazione della campagna sulla cittadinanza: non c'era nemmeno Landini
di Pietro Senaldivenerdì 18 aprile 2025
Referendum, Magi resta solo: Schlein e Conte subito in fuga
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Per la serie, “Armiamoci e sparite”. Ieri il segretario di +Europa, Riccardo Magi, era l’unico leader della sinistra presente all’iniziativa del Comitato promotore del referendum sulla cittadinanza in vista del voto dell’8 e 9 giugno. Con lui, che probabilmente c’era solo in quanto, come vicepresidente, non poteva sottrarsi, la coordinatrice Antonella Soldo, e Deepika Sahlan, dirimpettaia di carica del parlamentare romano. La consultazione vuole accorciare da dieci a cinque gli anni di residenza di uno straniero in Italia necessari per ottenere la cittadinanza. Del Pd si è sentita solo la voce di tale Ouidad Bakkali, che spiegava come l’iniziativa è indispensabile “per aprire ai nuovi figli dell’Italia le porte del futuro ed evitare che siano esclusi per ragioni razziali”.

Poi si è scoperto che la signora, nata in Marocco, è parlamentare, e quindi costituisce l’esempio perfetto di come non ci sia bisogno del referendum per integrarsi. Ma sono dettagli. La notizia è che, tre giorni dopo il giro delle chiese di sinistra fatto da Maurizio Landini per chiedere ai leader di impegnarsi a sostenere la consultazione, al primo evento disponibile c’era solo l’ex radicale, dal quale peraltro il segretario della Cgil non era neppure andato a bussare, diversamente da quanto fatto con Elly Schlein, Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, che però si è trovato un impegno promozionale del voto presso la Saletta dei Mutilati di Siena per giustificare assenza e weekend pasquale.

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In effetti il quinto quesito, quello pro immigrazione, è un dito nell’occhio per Landini, che gestisce un sindacato i cui iscritti sono in buona parte sovranisti e su stranieri e dazi sono più vicini a Donald Trump che come Emma Bonino; infatti alcuni di loro votano Lega. Giuseppe Conte, conscio di prendere voti solo grazie alla sua dimensione populista, ha messo subito in chiaro con il capo della Cgil, al quale lo unisce un interesse politico comune, che non sosterrà il quesito sulla cittadinanza.

Le prime quattro domande, quelle sul lavoro, sono invece una trappola per Elly Schlein. Alla segretaria del Pd infatti il leader della Cgil chiede aiuto per eliminare il Jobs Act, legge inventata, celebrata e votata dai dem quando a Palazzo Chigi c’era Matteo Renzi. Ora, d’accordo che la spaccatura nel partito tra movimentisti protesi verso una sinistra sempre più radicali e riformisti orfani della terza via blairiana è profonda e irreversibile, ma sostenere un appuntamento elettorale che la metta ancora più in piazza è chiedere troppo al Nazareno. Infatti la leader, dopo aver giurato a Landini che farà la sua parte, si è inabissata in uno dei suoi tipici periodi di pausa che coincidono con le feste. Compare solo se deve attaccare il disco della critica a prescindere da Giorgia Meloni.

Il sindacato rosso è in un vicolo cieco. Già la metà degli elettori non va a votare neppure quando ci sono le Politiche. Mobilitarli per un referendum che interessa solo gli immigrati, perché la realtà occupazionale, con la fame di manodopera delle aziende, ha reso inattuali i quesiti sul lavoro, pare impresa proibitiva. Tant’è che la sinistra ha già iniziato a dire che sarà un successo se andranno a votare dodici milioni di persone, quante sono quelle che hanno scelto il centrodestra nel 2022.

Questo sarebbe considerato un successo dagli strateghi di Elly, che così si dimostrano inadeguati. Primo perché svelano che dei quesiti importa poco, contano solo i voti per riversarli contro il governo. Secondo perché non si accorgono che, così facendo, legittimano Landini come anti-Meloni e non la loro segretaria. In effetti è un po’ così. Il capo della Cgil l’8 e 9 giugno si gioca la propria credibilità politica. Se fa flop, addio ai discorsi sui partiti non rappresentativi e il sindacato rosso unico strumento della sinistra. Se vince, si prende il banco, male probabilità sono esigue. Difficile che Schlein e compagni combattano per lui per vedersi poi sorpassati a sinsitra.

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