Per carità, da queste parti nessuno è così ingenuo da credere alle favole o ai buoni propositi della sinistra (le due cose tendono a coincidere). Però, per anni, in particolare nel lunghissimo periodo (2011-2022, con un solo anno di pausa gialloverde) in cui il Pd era al governo senza alcun mandato popolare, ci eravamo sentiti spiegare che, sulle grandi questioni di politica internazionale, o comunque su quelle in cui fosse in gioco un supremo interesse nazionale italiano, tutti dovessero sentirsi chiamati a collaborare e a fornire un contributo costruttivo.
Ah sì? Peccato che ora, a parti invertite, la sinistra sembri colta da una curiosa forma di amnesia. Poverini, non ricordano i loro stessi moniti, a lungo indirizzati agli altri. E così adesso, quando toccherebbe a loro dare il buon esempio e accompagnare con spirito repubblicano e attitudine non distruttiva il delicatissimo viaggio di Giorgia Meloni a Washington, i compagni stanno facendo esattamente il contrario. Di mattina, insultano Trump, tanto per metterlo di buon umore. Di pomeriggio, trasferiscono gli insulti contro il governo italiano, descrivendolo nella migliore delle ipotesi “con il cappello in mano” davanti al tycoon.
FdI esulta per il sondaggio: "Più 5 punti", schiaffo al Pd
Un sondaggio, una freccia tendenziale inesorabilmente all'insù e un gradimento, quello degli italiani nei con...Non solo. Per un verso continuano a infiammare e enfatizzare la questione dei dazi, e per altro verso insistono a non vedere che la vera partita strategica che interessa alla Casa Bianca è quella con Pechino. Morale. Sul primo fronte - per una ragione o per l’altra- Trump ha sospeso per 90 giorni ogni misura aggressiva verso l’Ue, e cioè ha chiaramente aperto la stagione dei negoziati, come questo giornale ha spiegato dall’inizio della vicenda. Si tratterebbe dunque a Roma come a Bruxelles - di assumere un atteggiamento dialogante, di non guardare l’interlocutore in cagnesco. E invece no: la sinistra spara ogni giorno a palle incatenate contro Washington, come se la Casa Bianca fosse la tana del nemico. E a Bruxelles si continua a parlare di un mitologico “bazooka”: e non si tratta davvero del modo migliore per impostare la conversazione sulle tariffe con il presidente Usa.
Quanto al secondo fronte, abbondano i finti tonti (quelli che vorrebbero farci credere di non aver capito la posta in gioco con Pechino) e gli spingitori di cavalli di Troia. E non c’è bisogno di arrivare a Madrid. Sia in Italia (tra politici, “analisti”, media) sia a Bruxelles, quello che Libero ha chiamato per primo il “partito cinese” è alacremente al lavoro. Con il doppio obiettivo di aiutare Pechino a portare avanti la sua offensiva politica, commerciale e di influenza culturale, e di rendere più lontane le due sponde dell’Atlantico, alimentando i legami tra Ue e Cina e allentando quelli con gli Usa. Inutile girarci intorno. Siamo in presenza di una nuova categoria: quella dei piromani-pompieri, gente capace di incendiare tutto o invece di usare l’estintore. Ecco, costoro alimentano il fuoco contro Trump (e sperano vivamente che l’incontro con Meloni ne risulti danneggiato), e contemporaneamente spengono qualunque principio di incendio nei rapporti con Pechino, prospettiva che anzi desiderano incoraggiare e incentivare.
Va detto con chiarezza. Chiunque si muova in questo modo danneggia l’interesse nazionale italiano e insieme la coesione occidentale. Da un lato, infatti, rischieremmo di collocarci in uno spazio geopolitico ambiguo, peraltro perdendo o compromettendo il principale compratore del nostro export. Dall’altro, contestualmente, mostreremmo a Pechino un inizio di disarticolazione dell’Occidente, e una disponibilità di alcune aree (Madrid è già in prima fila, ma anche a Bruxelles non si scherza) già pronte a inchinarsi al Dragone. Pessime scelte, assolutamente da contrastare.