Italia più forte, ma la sinistra piange

S&P: l’economia migliora per la prudenza sui conti e la stabilità politica Bankitalia: i voti possono salire. Opposizioni isteriche: sono giudizi fasulli
di Sandro Iacomettidomenica 13 aprile 2025
Italia più forte, ma la sinistra piange
4' di lettura

L’apocalisse può attendere. Avete presente le profezie di sventura, gli annunci di cataclismi, gli allarmi sul baratro sotto i nostri piedi e sull’ondata di distruzione scatenata dalla guerra dei dazi? Ebbene, per ora l’unica cosa che si è abbattuta sull’Italia è una bella promozione sull’affidabilità del nostro debito e delle nostre finanze pubbliche che non si vedeva dal 2021 quando, sotto il governo di Mario Draghi, Fitch portò il rating da BBB- a BBB. Ecco, dopo quattro anni di conferme, e di aggiustamenti positivi sulle prospettive (l’outlook), anche quelli precedute dalle incessanti gufate delle opposizioni, venerdì sera S&P ha deciso di alzare l’asticella da BBB a BBB+. Evviva, festeggiamo, come si dice ora, la resilienza dell’Italia? Macché. Il Paese che tiene la rotta ed è più forte mentre scoppia la bufera non è una buona notizia per tutti.

Certo, per sputare su un upgrade del rating bisogna inventarsi qualche acrobazia. Ma le capacità non mancano. Sentite qua. «Avevamo capito da tempo che Giorgia Meloni con questo governo è la beniamina di tutti i poteri finanziari forti transnazionali. Noi dobbiamo batterci perché ci siano riscontri concreti per i cittadini, non per accontentare i poteri forti». Parola del leader M5S Giuseppe Conte. Avete capito bene. Dopo aver passato gli ultimi anni a dire che il governo è isolato, che non se lo fila nessuno e che l’Italia ha perso credibilità, ora scopriamo che invece la Meloni va a braccetto coi poteri forti e manovra a suo piacimento le agenzie di rating. Le stesse che secondo la sinistra prima o poi ci avrebbero fatto un mazzo così per i pasticci sui conti pubblici. Non è da meno il responsabile economico del Pd, Antonio Misiani, anche lui convinto che il giudizio di S&P sia acqua fresca.

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Ben altre sono le cose che contano secondo il piddino: «La destra festeggia, ma evita accuratamente di parlare di altri dati molto negativi: quelli riguardanti la vita reale degli italiani. I 25 mesi consecutivi di calo della produzione industriale. La cassa integrazione in crescita. Le stime di crescita del Pil nel 2025, dimezzate rispetto alle previsioni di pochi mesi fa». Sembrerebbe una barzeletta ma non lo è. Misiani attacca, infatti, ma evita accuratamente di parlare della crisi della manifattura europea provocata dal Green deal e dalla recessione della Germania, dei record sull’occupazione e delle stime abbassate soltanto per cautela in merito all’incertezza sui dazi. Neanche una parola, infine, sul fatto che il rating più alto comporta meno interessi sul debito e libera risorse per il Paese. Ma che importa?

La realtà è che la promozione di Standard & Poor’s non è un favore dei poteri forti o una vincita alla lotteria, ma il frutto di una prolungata azione di governo. E non è Giorgia Meloni a dirlo, ma il governatore di Bankitalia. «Non sono sorpreso, anzi me lo aspettavo», ha commentato ieri Fabio Panetta, spiegando che «i conti pubblici sono stati gestiti con ragionevolezza e non sono stati trattati come una variabile indipendente». Per questo, ha proseguito l’economista, «non solo la valutazione non mi stupisce, ma potrebbe ancora migliorare».

I motivi per crederlo, del resto, non mancano. E non tanto per le dichiarazioni a caldo fatte da Giancarlo Giorgetti secondo cui la promozione è «meritata» anche se «inattesa» e premia «la serietà del governo sulla finanza pubblica». Chiedere al ministro dell’Economia se i conti vanno bene è un po’ come chiedere all’oste se il vino è buono. Quanto per le osservazioni fatte proprio da S&P, che oltre ad apprezzare la prudenza sul bilancio, a sottolineare la solidità del patrimonio delle famiglie e a smorzare l’allarme sui dazi, che avranno un impatto sull’economia del Paese ritenuto sostenibile dall’agenzia, ha anche messo nero su bianco una serie di valutazioni “politiche” che sarebbe ingenuo sottovalutare.

Il governo di Giorgia Meloni, hanno spiegato gli esperti di S&P, «tra i più longevi della storia recente dell'Italia, gode di un solido sostegno pubblico». E ancora: «L’esecutivo beneficia inoltre di una maggioranza parlamentare stabile e di limitate minacce di opposizione, il che ne rende probabile la permanenza al potere fino alle elezioni del 2027». Questa continuità politica, si legge nel report, «ha contribuito a preservare la stabilità dei mercati finanziari e a sostenere progressi costanti nell'ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, evitando al contempo bruschi cambiamenti di rotta». E qui si capisce un po’ meglio la rabbia della sinistra. A rafforzare l’Italia infatti non c’è solo la stabilità della coalizione di maggioranza, ma anche l’evanescenza delle opposizioni, che, dice chiaramente l’agenzia di rating, non sono nelle condizioni di fare danni al Paese.

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