Dazi, Meloni raduna i suoi ministri e prepara gli aiuti alle imprese

Il premier convoca l'intero governo: dazi, allo studio gli aiuti alle imprese
di Tommaso Montesanomartedì 8 aprile 2025
Dazi, Meloni raduna i suoi ministri e prepara gli aiuti alle imprese
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Palazzo Chigi, Lussemburgo e Bruxelles, Washington. Il governo tesse la sua tela per proteggere le imprese italiane di fronte alla guerra dei dazi. Un’offensiva su due piani: il sostegno alla filiera nazionale sul fronte interno e il lavorìo diplomatico sia per tenere vivo il dialogo con l’amministrazione Trump, sia per favorire la rimozione in Europa delle «regole ideologiche e poco condivisibili del green deal», che frenano la produttività come le barriere commerciali.

Sul primo punto, ieri è tornata a riunirsi - presieduta da Giorgia Meloni - la task force per affrontare l’emergenza tariffe. Una riunione di oltre un’ora e mezza propedeutica all’incontro di oggi pomeriggio (alle 15) con i rappresentanti delle attività produttive. La presidente del Consiglio, i suoi vicepremier e i ministri interessati dal dossier (Giorgetti per l’Economia, Foti per gli Affari Ue, Lollobrigida per le Politiche agricole, Urso per le Imprese e Made in Italy) hanno iniziato a individuare gli strumenti da mettere in campo per «proteggere le imprese» più penalizzate dal nuovo regime. I ministri, dopo aver illustrato alla premier l’impatto che potranno avere i dazi imposti da Trump sui settori di loro competenza, hanno esaminato le diverse ipotesi allo studio per sostenere le filiere produttive e rilanciare la competitività. «Faremo di tutto perché possa esserci il minor danno possibile», ha assicurato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Una delle possibilità sul tavolo è quella di usare le risorse del piano Industria 5.0 del Pnrr - 6,3 miliardi - che devono essere spese entro giugno 2026. A beneficiarne sarebbero i settori più colpiti (agroalimentare, farmaceutico, automotive).

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In ogni caso, ha ripetuto Meloni, bisogna evitare una «guerra commerciale» che non avvantaggerebbe nessuno e che non farebbe altro che provocare «allarmismo», i cui danni sarebbero ben maggiori di quelli strettamente conseguenza dei dazi. Questo senza perdere d’occhio il fronte del negoziato con gli Stati Uniti, che resta il vero obiettivo dell’esecutivo. In quest’ottica, è stato lo stesso commissario Ue al commercio, Maros Sefcovic, a riconoscere il ruolo di mediazione del governo italiano: «Ci aiuta di fronte agli americani». La visita di Meloni a Washington- dal 14 al 17 aprile - dovrebbe servire ad aprire una breccia nella linea dura americana.

«La via intermedia potrebbe essere la riduzione dei tassi del 10% da parte Usa», ha detto ancora Tajani, che ieri è stato in Lussemburgo per la riunione del Consiglio degli Affari esteri in formato commercio. Sul lungo periodo, il capo della Farnesina ha rivelato che il governo «sta lavorando» all’obiettivo di creare «un mercato unico transatlantico e tariffe zero a zero» tra Europa e America sulla falsariga di quanto auspicato da Elon Musk.

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Traguardo futuribile. Il presente è fatto di una trattativa tra le due sponde dell’Atlantico che ha bisogno di tempo. E in questo la posizione italiana è cruciale. Non a caso ieri nel vertice del Lussemburgo Roma un primo risultato l’ha portato a casa: la risposta europea ai dazi avverrà in due fasi. La prima scatta il 15 aprile, la seconda il 15 maggio. Un’azione graduale per scongiurare quella «guerra commerciale» evocata da Meloni. Da qui la moral suasion per escludere dalla lista dei prodotti sui cui scatteranno le prime contromisure europee- una ventina di elementi- quei settori che potrebbero provocare una reazione da parte americana. Su tutti il bourbon, il whiskey a stelle e strisce. Il perché è chiaro: provocherebbe una controreazione da parte dell’amministrazione Trump che colpirebbe il settore del vino europeo e italiano, e per l’Italia sarebbe catastrofico. Traguardo raggiunto. Ma è solo il primo.

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