Sui dazi americani la strategia è chiara: «Sostenere le nostre imprese e i nostri settori che dovessero risultare penalizzati». Evitando, però, “falli di reazione” con l’amministrazione di Donald Trump - ovvero i “contro dazi” - che non farebbero altro che provocare un’escalation con gli Stati Uniti, oltre che generare ulteriori «allarmismi». Il sentiero del governo è strettissimo, anche perché la strategia sarà messa alla prova su più tavoli: quello europeo, dove oggi si confronterà il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e quello bilaterale con gli Stati Uniti, che a cavallo di Pasqua vivrà due momenti decisivi.
Il primo con la visita di Giorgia Meloni a Washington, in fase di definizione (l’ipotesi è una missione dal 14 al 17 aprile), il secondo con l’arrivo a Roma del vicepresidente Usa, J.D. Vance (dal 18 al 20 aprile). La presidente del Consiglio ha ribadito i paletti entro cui si muoverà l’esecutivo anche nel videomessaggio inviato al congresso della Lega. «Affronteremo il tema dei dazi con determinazione e pragmatismo», pronti a mettere in campo «tutti gli strumenti, negoziali ed economici», per sostenere le imprese italiane. Negoziato e sostegno, dunque. Le trattative chiamano in causa Bruxelles (intesa come Unione europea) e Washington.
PRESSING EUROPEO
Stamattina Tajani sarà a Lussemburgo per partecipare al consiglio degli Affari esteri in formato commercio, convocato in via straordinaria dalla presidenza di turno polacca. Sarà l’occasione di un primo scambio di vedute con i partner europei per capire quale sarà la risposta europea. Sul tavolo c’è la redazione di una prima lista di prodotti su cui far scattare la ritorsione europea.
«Occorre scongiurare una guerra commerciale, che sarebbe contro i nostri interessi», ribatte Tajani. L’Italia spingerà per un approccio pragmatico: il numero uno della Farnesina ribadirà l’impegno di Roma a lavorare con gli alleati e con Bruxelles per una soluzione negoziata. Nessuna risposta «di pancia, come molti reclamano», conferma Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy. Invece di rispondere ai dazi con i dazi, insomma, la strada maestra è quella di aprire «un confronto nel merito per capire se è possibile una riduzione» delle misure annunciate. E se proprio la Commissione optasse per una risposta, ecco la richiesta di non agire «su prodotti che potrebbero comportare un’escalation». A titolo di esempio, Urso cita il whisky: «È chiaro che se noi applichiamo dazi, gli americani porranno dazi superiori al vino europeo».
Un’escalation da evitare a tutti i costi, anche perché moltiplicherebbe l’effetto panico che ha già affossato le Borse. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy delinea l’obiettivo finale di questo negoziato: arrivare a «un accordo di libero scambio euro-atlantico che diventerebbe il più grande bacino commerciale, produttivo, tecnologico del mondo». Un traguardo di lungo periodo che non può non investire i rispettivi leader: Trump e Meloni. E in quest’ottica si comprende il peso che assumono i due passaggi diplomatici tra Roma e Washington. Prima la visita della premier negli States, dopo il passaggio di Vance a Roma. Senza dimenticare il Regno Unito: mercoledì, alle 10,45, Meloni incontrerà re Carlo III nella cornice di villa Doria Pamphilj (il giorno prima il sovrano sarà ricevuto al Quirinale dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella).
LA RETE INTERNA
Poi c’è il fronte interno. Ovvero l’aiuto al nostro sistema produttivo. Oggi, dopo il rientro di Tajani da Lussemburgo, a Palazzo Chigi tornerà a riunirsi la task force del governo sui dazi formata dai ministri Giorgetti (Economia), Foti (Affari europei), Lollobrigida (Politiche agricole), Crosetto (Difesa), Urso e lo stesso ministro degli Esteri. La riunione servirà all’esecutivo per arrivare ad avere un quadro il più possibile chiaro sugli effetti delle tariffe nei vari settori. Il report servirà per la riunione del giorno successivo, quando alle 15 arriveranno a Palazzo Chigi i rappresentanti delle imprese. «Ci confronteremo per capire come meglio sostenerle in questa fase», dice ancora Urso.