Il sorpasso ai danni del Professore si consuma oggi. Il governo di Giorgia Meloni è in carica da 887 giorni. E avanza, così, al quinto posto (in solitario) nella classifica relativa alla durata degli esecutivi repubblicani. Il sorpasso è quello che riguarda il governo di Romano Prodi - il primo del Professore, quello del biennio 1996-1998- che ieri la presidente del Consiglio ha celebrato con un video pubblicato sui suoi canali social. Troppo ghiotta l’occasione di celebrare, dalla sala di Palazzo Chigi dove sono affisse le fotografie di alcuni dei suoi predecessori, l’ingresso del suo esecutivo «nella lista dei primi cinque più duraturi della storia della repubblica italiana». E proprio ai danni del fondatore dell’Ulivo, in questi giorni al centro delle polemiche perla tirata di capelli alla giornalista di Mediaset Lavinia Orefici. La prima parte del video, la presidente del Consiglio la dedica ai numeri. «In 79 anni di storia repubblicana, pensate, l’Italia ha avuto ben 68 governi». In media, prima del governo Meloni ognuno di loro è rimasto in carica per 414 giorni, ovvero meno di un anno e due mesi.
L’esecutivo della presidente di Fratelli d’Italia si è insediato il 22 ottobre 2022. «Significa, in pratica, che abbiamo risalito 63 posizioni in circa 127 settimane». Ora l’obiettivo è superare l’esecutivo di un altro ex leader del centrosinistra, Matteo Renzi, distante 137 giorni. Serviranno altri 206 giorni di governo, invece, per pareggiare i conti con il governo di Bettino Craxi. La presidente del Consiglio ringrazia «i tanti cittadini che continuano a sostenerci e che ci danno la forza per andare avanti con determinazione», un riferimento al fatto che dopo due anni e mezzo l’esecutivo figlio della vittoria elettorale del settembre 2022 continua a godere del «consenso della maggioranza dei cittadini, cosa non scontata». Così come non era scontato, viste le storiche turbolenze degli esecutivi italiani, che la maggioranza parlamentare di centrodestra espressione del successo nelle urne sia «ancora coesa». E qui Meloni, partendo dalle statistiche, allarga la riflessione sulla “patologia” italiana, a causa della quale pochissimi, tra i suoi predecessori, «sono rimasti al governo per oltre due anni». E «nessuno di loro è arrivato alla fine della legislatura con lo stesso governo».
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Un unicum nella storia europea. Basti pensare che dal 1992 ad oggi, mentre l’Italia ha cambiato capo del governo per 18 volte, in Germania si sono alternati quattro cancellieri, in Spagna cinque presidenti del governo e nel Regno Unito sei primi ministri. «Questo significa», osserva Meloni, che nel nostro Paese «i governi si sono succeduti senza, nella maggior parte dei casi, avere il tempo di portare avanti una qualsiasi strategia definita o concreta. E l’Italia lo ha pagato, perché la stabilità è fondamentale per dare alla Nazione una visione, un’autorevolezza, una centralità internazionale, una politica che costruisca per il futuro invece che limitarsi ad accaparrare consenso facile nel presente». Da qui alla riforma costituzionale che introduce il premierato il passo è brevissimo. Meloni definisce il testo in discussione in Parlamento «fondamentale per l’Italia». La premier anticipa i messaggi che faranno da sfondo alla probabile campagna referendaria una volta approvata la riforma. Il testo «restituisce ai cittadini il pieno potere di scegliere da chi vogliono essere governati e garantisce che chi viene scelto abbia il tempo necessario per realizzare il mandato che ha ricevuto». L’opposto, numeri alla mano, di quanto è accaduto in Italia dal Dopoguerra a oggi, dove si contano esecutivi che sono duranti anche 22 giorni, come il primo governo di Amintore Fanfani nel 1954. Il premierato «non è una riforma che stiamo facendo per questo governo, è una riforma che stiamo facendo per i governi che verranno. Un’Italia più solida ha bisogno di istituzioni stabili».
REAZIONI RABBIOSE
L’opposizione schiuma rabbia. Giuseppe Conte, presidente del M5S, accusa Meloni di vivere in una «torre d’avorio: penso giri ormai poco per strada, trai comuni cittadini. Scoprirebbe che non c’è nulla da festeggiare». Il senatore dem Dario Parrini fa finta di nulla: «Giova ricordare che non si governa per durare. Si governa per risolvere i problemi. E il suo governo non ne risolve mezzo». La sinistra radicale prova a mischiare le carte. «Quasi il 25% della popolazione italiana che è a rischio povertà. C’è poco da festeggiare», afferma Nicola Fratoianni di Avs. Il suo partner di partito, Angelo Bonelli, accusa la premier di girare un film: «Dallo studio cinematografico di Hollywood Chigi, si vanta di essere la presidente del Consiglio più longeva. Ma il punto non è quanto è durata, bensì cosa ha fatto (o meglio, non ha fatto) per l’Italia». Chiusura con Riccardo Magi di +Europa: «Mentre Meloni festeggia, il resto d’Italia piange per colpa del governo peggiore della storia d’Italia». Nientemeno.