La tirata di capelli di Romano Prodi ha avuto effetti sul Partito democratico. In tanti, tra i dem, hanno tentato di giustificare quanto andato in scena su Rete 4. Tra questi Debora Serracchiani. L'esponente del Pd ha dato una sua versione dei fatti, scatenando la reazione degli utenti social. A dirlo, lei stessa. "Martedì mattina - ricostruisce la vicenda - intervengo in diretta a 'L'Aria che tira' per commentare le parole di Romano Prodi rivolte alla giornalista Lavinia Orefici. Parlo di gesto inopportuno. Ma parlo solo di parole. Dieci ore dopo, la scena della 'tirata di capelli' viene trasmessa per la prima volta nel programma serale di Floris. Io, come chiunque, la vedo in quel momento. Non prima. Peccato però che nel frattempo qualcuno abbia preso il mio intervento del mattino e lo abbia montato ad arte con quel video, uscito solo la sera. Un montaggio falso, scorretto, ma sufficiente per scatenare la macchina del fango".
"Da ore - dice - ricevo insulti violenti, sessisti e pesantissimi. Sui social, nei commenti, nei messaggi. Ovunque. E allora mi chiedo: non è anche questa una forma di violenza? Non è anche questo un modo di colpire una donna attraverso la menzogna, la manipolazione delle informazioni per metterla alla berlina? Romano Prodi ha sbagliato e ha fatto bene a scusarsi. Ma chi oggi finge di difendere una donna insultandone un'altra è complice di una doppia morale che fa male. Chiamiamola per nome, questa violenza, e fermiamola subito".
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Tre le categorie: “Negazionisti” («Prodi non l’ha toccata»), “Riduzionisti” (&...Peccato però che quella dell'ex premier sia una mezza retromarcia, niente di più. Prodi, a giorni di distanza, ha dichiarato: "Il gesto che ho compiuto appartiene a una mia gestualità familiare. Mi sono reso conto, vedendo le riprese, di aver trasportato quasi meccanicamente quel gesto in un ambito diverso. Ho commesso un errore e di questo mi dispiaccio. Ma è evidente dalle immagini e dall'audio che non ho mai inteso aggredire, né tanto meno intimidire la giornalista. Questa vicenda mi offre l'occasione per una riflessione che forse è utile. Penso sia un diritto di ciascuno, non importa affatto quale ruolo abbia ricoperto nella vita, rivendicare la propria storia e la propria onorabilità e non accettare, come un destino inevitabile, la strumentalizzazione e persino la derisione dilaganti, anche grazie alla potenza della Rete. Come se un'intera vita non contasse, come se il futuro non esistesse".