Un altro terremoto giudiziario per la sinistra in Campania e a Roma: c'è anche Franco Alfieri, ex sindaco di Capaccio Paestum ed ex presidente della Provincia di Salerno, tra i destinatari delle 10 misure cautelari eseguite, questa mattina, dalla sezione operativa della Dia di Salerno. Per lo storico braccio destro del governatore uscente Vincenzo De Luca non è la prima volta. E nel frattempo la Commissione parlamentare di inchiesta sulla mafia, presieduta da Chiara Colosimo, ha chiesto di acquisire gli atti dell'inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Salerno.
L'inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Salerno, ipotizza, a vario titolo nei confronti dei dieci indagati, reati di scambio politico elettorale politico mafioso; tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso; estorsione aggravata dal metodo mafioso; detenzione, porto e cessione di armi da guerra e comuni da sparo e favoreggiamento personale. Alfieri, nello scorso mese di ottobre, era stato arrestato nell'ambito di un'indagine della Procura salernitana su presunti appalti pilotati. Oggi invece è destinatario di un provvedimento restrittivo con il beneficio dei domiciliari.
Oltre ad Alfieri, le misure cautelari di un'indagine durata due anni, dal 2022 al 2024, riguardano Roberto Squecco, ritenuto esponente dell'area imprenditoriale del clan Marandino attivo a Capaccio Paestum e già condannato in via definitiva per 416 bis, a la moglie Stefania Nobili, consigliere comunale a Capaccio Paestum all'epoca dei fatti.
Al centro dell'inchiesta, la candidatura a sindaco proprio a Capaccio Paestum di Alfieri nel giugno 2019. Secondo i pm, c'era un patto elettorale politico mafioso tra Squecco, la moglie e Alfieri per raccogliere voti in favore del politico in cambio del mantenimento del Lido Kennedy che all'epoca era già al centro di provvedimenti giudiziari, struttura che faceva capo a Squecco attraverso un prestanome. Il lido avrebbe dovuto essere abbattuto parzialmente perché era pericoloso, ma Alfieri, una volta eletto sindaco avrebbe dovuto impedirne l'abbattimento attraverso un appartenente alla polizia locale, Antonio Bernardi, e un dipendente dell'ufficio cimiteriale di Capaccio Paestum, Michele Pecora.
I due hanno anche avvicinato Maria Rosaria Picariello assessore dimissionaria alle politiche sociali del Comune, che avrebbe riferito poi ad Alfieri i messaggi minatori di Squecco, come emerso da intercettazioni, perché alla fine il politico dem aveva violato il patto e l'abbattimento c'era stato. Squecco contattò anche tre persone di Baronissi, Antonio Cosentino, Domenico de Cesare, e Angelo Genovese, due dei quali pregiudicati, commissionando un attentato dinamitardo ai danni di Alfieri, preparato nei minimi particolari con sopralluoghi e studio delle mappe, ma poi non portato a compimento, perché l'imprenditore non si è messo d'accordo con i tre. A questi la Procura ha contestato il possesso di esplosivi armi da guerra e comuni e da sparo tra i quali un Uzi e un Kalashnikov. Domenico De Cesare poi, deve rispondere anche di tentato omicidio nei confronti di Angelo Genovese, esponente del clan omonimo per una tentata estorsione. Maria Rosaria Picariello è deve rispondere di favoreggiamento personale perché alla polizia giudiziaria ha reso dichiarazioni mendaci per aiutare Squecco, Bernardi e Pecora.