Umbria, stangata da 500 euro a testa: ecco la tassa rossa

In Umbria la giunta di sinistra ritocca le imposte: "C’è un buco di 90 milioni di euro nella sanità". La destra: "Falso, conti in ordine"
di Michele Zaccardigiovedì 27 marzo 2025
Umbria, stangata da 500 euro a testa: ecco la tassa rossa
3' di lettura

Irpef, Irap e bollo auto. La Regione Umbria aumenta le tasse per coprire il buco da 90 milioni di euro nella sanità ereditato, a detta della neo governatrice di centrosinistra, Stefania Proietti, dalla precedente giunta di destra. «Bugie messe in giro per giustificare in anticipo il vero fallimento su cui la presidente Proietti sta andando a sbattere: quello con le sue promesse elettorali» ha dichiarato il capogruppo della Lega in Consiglio regionale, Enrico Melasecche. Stadi fatto che la giunta ha deciso di aumentare le tasse. La proposta di disegno di legge è stata approvata venerdì scorso. Ieri Proietti ha presentato in conferenza stampa i dati sulla sanità e la manovra “Salva Umbria” «per scongiurare il salasso che ci sarebbe con il commissariamento». Per l’Irpef, da quest’anno, la manovra prevede «la conferma della non previsione dell’addizionale regionale per il primo scaglione che rimane a zero e la determinazione dell’1,95% per lo scaglione di reddito tra 15 mila e 28 mila euro, del 2,05% per lo scaglione tra 28 mila euro e 50 mila euro, del 2,1% per lo scaglione di reddito imponibile superiore a 50 mila euro».

Per l’Irap, l’imposta che grava sulle imprese, invece si prevede una variazione «in aumento di 0,50 punti base l’aliquota ordinaria corrisposta in misura del 3,90% a decorrere dal 1 gennaio 2026». Infine, per la prima volta, l’Umbria aumenterà pure il bollo auto del 10% (sempre dal 2026). «Abbiamo fatto un’operazione verità» ha detto la presidente Proietti «ma già la precedente amministrazione sapeva di questo disavanzo. La manovra fiscale fatta ora è più equa di quella che farebbe inevitabilmente il governo a luglio. Se non poniamo rimedio ora salvaguardando le classi più fragili aumenterà le tasse al massimo per mettere fine a un default che andava avanti da cinque anni». Nella delibera regionale si legge che l’Umbria si trova di fronte a «una riduzione dei trasferimenti da 40 milioni dal governo che va ad assommarsi al deficit strutturale con un risultato economico negativo ad oggi di 90 milioni di euro del consolidato regionale della sanità, esito dello squilibrio tra il disavanzo delle quattro aziende del Servizio sanitario regionale pari a -243 milioni e il risultato positivo della Gestione Sanitaria Accentrata regionale pari a 153 milioni. La necessità irrinunciabile di fornire risposte alle esigenze delle persone e della comunità regionale non potendo comprimere ulteriormente il fabbisogno necessario a garantire la continuità dei servizi essenziali, in primo luogo la sanità pubblica, ha determinato l’obbligo di attivare la manovra». «Tutto questo peserà circa 500 euro sulle tasche di tutti i cittadini umbri» ha denunciato la capogruppo regionale di Fdi Eleonora Pace. «Si nascondono dietro a un fantomatico buco di bilancio» ha aggiunto «che nessun ente qualificato ha certificato perché le interlocuzioni della Regione Umbria al Mef inizieranno solo ad aprile».

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Questo mentre Melasecche ha ricordato il monitoraggio della spesa sanitaria del Ministero dell’Economia relativo al 2023, secondo cui la sanità umbra ha registrato un avanzo 1,126 miliardi di euro. Nel quarto trimestre del 2023, si legge nel rapporto del Mef, l’Umbria, oltre a essere tra le poche regioni che non sono inserite in un piano di rientro, risultava in disavanzo per 3,362 miliardi di euro, coperti però da 4,489 miliardi conferiti dalla Regione nel corso dello stesso anno. Da qui l’avanzo pari a 1,126 miliardi citato da Malesecche. E questo, ha detto il capogruppo della Lega in Consiglio, «senza contare che pochi giorni fa il Cipess aveva deliberato il riparto del fondo sanitario nazionale 2024, destinando 2 miliardi di euro per la sanità dell’Umbria, 50 milioni circa di euro in più rispetto all’anno precedente nel pieno rispetto della quota di nostra competenza dell’1,98 per cento». 

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