Roma, boom di debiti: la Corte dei Conti mette nel mirino Gualtieri

di Simone Di Meomercoledì 26 marzo 2025
Roma, boom di debiti: la Corte dei Conti mette nel mirino Gualtieri
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Roma caput mutui. Mentre il sindaco Roberto Gualtieri sperpera 350mila euro per lo show di Michele Serra, il Campidoglio annega in un mare di debiti. È il Titanic che cola a picco mentre l’orchestrina suona sul ponte. A certificare la condizione disperata delle finanze del Comune è la Corte dei Conti del Lazio che, in ripetuti alert, ha imposto all’Amministrazione di invertire la rotta prima di schiantarsi contro l’iceberg del crac. Il limite più evidente dell’Ente, si legge nelle carte dei magistrati, è l’incapacità di generare flussi positivi di cassa. Insomma, al Campidoglio hanno qualche problema con la matematica. Gli uffici hanno calcolato male il quinquennio di riferimento del fondo crediti di dubbia esigibilità (2017-2021 invece di 2018-2022) creando un’illusoria solidità finanziaria che, invece, non esiste. Il fondo, necessario a coprire i crediti che l’Amministrazione difficilmente riuscirà a riscuotere, ammonta a circa 7 miliardi di euro ma mancano all’appello ancora 136 milioni di euro per mettere in sicurezza (almeno su carta) la tesoreria. Questo ovviamente significa che Imu, Tari e multe stradali producono introiti effettivi al di sotto delle aspettative.

Tant’è che dagli ultimi bilanci è stato necessario cancellare crediti inesigibili per circa 420 milioni di euro per evitare la falsificazione delle poste contabili. A Roma hanno le mani bucate. Le società partecipate accumulano passività su passività. I casi eclatanti, analizzati dalla Corte dei Conti, sono due: Farmapac (azienda speciale farma-socio-sanitaria) in tre anni ha raggiunto un deficit di circa 8 milioni; mentre la Centrale del latte è in liquidazione addirittura dal 1998 e ancora non ha completato l’iter di chiusura dell’attività. Il che si è tradotto in maggiori costi per la collettività. Irregolarità contabili sono state inoltre riscontrate in Ama Spa (rifiuti), Atac (trasporti) e Risorse per Roma Spa (patrimonio immobiliare). Non è un caso, quindi, che i debiti fuori bilancio nel 2024 siano schizzati a 68 milioni di euro finendo per diventare, nell’ottica dei giudici, uno strumento per gestire le carenze nella pianificazione della spesa. E i debiti, si sa, innescano i pignoramenti: Roma è assediata da centinaia di procedure esecutive che limitano la capacità di spesa dell’Ente. Il Campidoglio ha subito addirittura pignoramenti presso i conti correnti postali in aperta violazione della normativa vigente che impone, invece, l’aggressione solo presso la tesoreria ufficiale. Un salasso continuo a cui nessun dipartimento riesce a porre rimedio.

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Eppure, le professionalità non mancherebbero. Anzi, forse sono pure troppe: il Comune a guida Pd, infatti, è poco attento ai principi di trasparenza nella selezione degli incarichi esterni visto che mancano la pubblicazione e la trasmissione degli atti di spesa per le consulenze superiori ai 5mila euro. E sono introvabili altresì i documenti relativi al controllo preventivo e consuntivo sulla congruità degli affidamenti. Insomma: tutti questi esperti che cosa fanno in Comune? «Il debito pregresso, ancora oggi superiore ai 3,75 miliardi di euro, con oltre 1 miliardo di debito potenziale derivante da contenziosi, è frutto di decenni di amministrazione allegra della sinistra capitolina», denuncia Fabrizio Santori, combattivo capogruppo della Lega in Campidoglio. «E oggi, dopo che al sindaco Gualtieri sono stati già destinati miliardi tra Pnrr e Giubileo, si arriva al paradosso: si chiede ulteriore sostegno al Governo centrale per evitare il default. È evidente», sottolinea Santori, «che siamo davanti al fallimento della Giunta più inefficiente della storia di Roma». Già, il sindaco con la chitarra ha chiesto a Palazzo Chigi un anticipo sui finanziamenti appena pochi giorni dopo l’evento organizzato per fare un piacere al Pd e al partito di “Repubblica”. «La città non ha fondi per onorare i debiti con fornitori e creditori, eppure in 48 ore il Campidoglio ha trovato i soldi perla manifestazione del 12 marzo scorso, trasformata in un evento partigiano, che nulla ha avuto di istituzionale, usato come megafono politico e occasione di propaganda», ha concluso l’esponente del Carroccio. E se proprio la situazione precipita, c’è sempre il lodo Totò: Gualtieri può provare a vendere la fontana di Trevi agli americani.