Celano Prodi, inventano il caos-governo

Armi di distrazione giornalistica: la sinistra si inventa la crisi del centrodestra
di Daniele Capezzonemartedì 25 marzo 2025
Celano Prodi, inventano il caos-governo
3' di lettura

Per il secondo giorno consecutivo, ieri mattina, i cosiddetti giornali “maggiori” – quelli della mitica “informazione di qualità” – hanno allegramente censurato la rozza impresa del loro idolo Romano Prodi.

No, i lettori non devono proprio sapere che il papà dell’Ulivo è un tipino che strattona le signore e tira i capelli alle giornaliste. E allora, ancora una volta, non è stata pubblicata nemmeno una riga su Stampa e Repubblica (esattamente come il giorno precedente: zero più zero fa sempre zero), mentre il boxino a pagina 15 del Corriere dell’altro ieri è diventato ieri un articolo a pagina 13 di fredda cronaca. Il minimo sindacale, insomma.

Ma – per perfezionare l’operazione propagandistica – serviva anche un diversivo, un’arma di distrazione, qualcosa che aiutasse le valorose redazioni antifasciste/antitrumpiste/antimuskiste a deviare altrove l’attenzione dei lettori. Lettori trattati come bimbi tonti a cui il bullo della scuola dice: “Guarda là” per coglierlo in contropiede e fregargli la merenda. E allora che si fa per ottenere il medesimo risultato? Elementare, Watson: si valorizza una lite (inesistente, stavolta) nella maggioranza per dare l’idea che il casino sia nel centrodestra, mica a sinistra.

E così, per due giorni, si monta la panna del caso “Salvini-Vance”. Di che si tratta? Della telefonata (normalissima, anzi politicamente assai positiva) tra il vicepresidente americano e il leader leghista (che è anche vicepresidente del Consiglio italiano). Tra l’altro (sia detto a onore di Meloni-Salvini-Tajani) i tre leader del centrodestra, nei loro rapporti con la nuova amministrazione Usa, hanno perfettamente rispettato il protocollo diplomatico e anche una tradizionale grammatica politica: Meloni parla con Trump (da presidente a presidente), Tajani con Marco Rubio (i due omologhi: ministro degli Esteri e segretario di Stato), mentre un leader politico che è anche vicepremier (Salvini) parla con il vicepresidente americano. Tutto normale.

Di più. Passando dalla forma alla sostanza, i tre partiti stanno riuscendo a realizzare – scusate il linguaggio da marketing – un’offerta politica tra loro complementare e non conflittuale. Coprono tre aree diverse e tra loro assolutamente compatibili: più tradizionalmente europeista Fi, più eurocritica e quindi più caldamente trumpiana la Lega, con Meloni e Fdi in una posizione che è insieme di guida della coalizione e di equilibrio.

DIVISI IN CINQUE

Nessun problema, dunque. Tanto è vero che, ancora la scorsa settimana, dopo le comunicazioni della premier in Parlamento alla vigilia del Consiglio Ue, i tre partiti hanno compattamente votato un unico documento, peraltro (ignoro chi ne sia stato il principale estensore, quindi l’elogio va al buio) assai ben concepito perché centrato sulla Nato come ombrello difensivo e non su un inesistente (e non auspicabile) esercito Ue. Per la cronaca, in quella stessa occasione, le opposizioni si sono divise presentando ben cinque diversi documenti, salvo simulare unità strillando sul noto “caso Ventotene” e aggrappandosi al totem televisivo di Roberto Benigni.

Contro queste evidenze, per trentasei ore, gli stessi giornali che hanno occultato l’“affaire-Prodi” (vero) hanno sparato titoloni sull’“affaire Tajani contro Salvini” (inesistente). Corriere di ieri: «Maggioranza, è scontro aperto», con retroscena su una minaccia di “verifica” di governo che Forza Italia sarebbe pronta a chiedere. Stessa musica sulla Stampa: «Resa dei conti Fi-Lega», con surreali dichiarazioni di Schlein (quella che ha la delegazione europea spaccata in due e gli alleati con cinque differenti documenti parlamentari) sul «governo a pezzi». Commento fiammeggiante di Marcello Sorgi che invita Meloni a «mettere a posto» Salvini. E Repubblica? Scatenata a sua volta: titolone di prima pagina «Tajani-Lega, nuova lite». Pure qui Schlein che, anziché pensare alle sue macerie, sta sulle barricate: «La Lega sfiducia il ministro, il governo non sta più in piedi». E anche qua retroscena su Meloni e Tajani in feroce polemica con Salvini.

Un pandemonio, dunque? Macché. A metà mattina, il centrodestra smonta la panna dei pasticceri progressisti con una dichiarazione divertita e serena di Salvini («Con Tajani rapporti splendidi: leggo i giornali e sorrido») e una secca smentita dei retroscena da parte del portavoce di Forza Italia Raffaele Nevi, che ha negato qualunque richiesta di un vertice di maggioranza, oltre a escludere polemiche di Tajani verso il leader leghista.

Morale: l’arma di distrazione di massa (parlare della maggioranza per occultare il caso Prodi) ha fatto cilecca. E allora? Bisogna ritentare andando sul sicuro, cioè sull’incombente “rischio-fascismo”: ieri a sinistra hanno ricominciato con l’anniversario delle Fosse Ardeatine tentando di aggredire Giorgia Meloni. E manca ancora un mese al 25 aprile. Sarà uno strazio, amici lettori. Anche perché il logoro copione lo conosciamo già.