Francesco Lollobrigida, "il cibo italiano migliora la vita": inaugurato il Villaggio dell'Agricoltura

di Massimo Sanvitolunedì 24 marzo 2025
Francesco Lollobrigida, "il cibo italiano migliora la vita": inaugurato il Villaggio dell'Agricoltura
4' di lettura

Ministro Lollobrigida, un Villaggio dell’Agricoltura nel cuore di Roma. Cosa aspettarsi?

«Al centro del dibattito, come non accadeva da decenni, il tema dell’agricoltura: il settore primario. Il titolo che abbiamo scelto, “Agricoltura È”, lascia volutamente aperte molte interpretazioni: dalla produzione di cibo alla tecnologia, dalla tutela dell’ambiente alla biodiversità. Il ruolo dell’agricoltura è poliedrico».

In occasione dei Trattati di Roma (25 marzo ’57), il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, guidato da Francesco Lollobrigida, ha deciso di organizzare una tre giorni romana per scoprire da vicino il mondo dell’agricoltura e ricordare lo spirito originario su cui si fonda l’Europa. L’inaugurazione sarà oggi, a mezzogiorno, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Nel pomeriggio sarà la volta del vicepresidente della Commissione europea, Raffaele Fitto e domani quella del Commissario europeo all’Agricoltura, Christophe Hansen. Anche il premier Giorgia Meloni farà tappa al villaggio che chiuderà mercoledì. In mostra ci sarà il “sistema Italia”. Qualche numero relativo al 2024: 42,4 miliardi di euro di valore aggiunto in agricoltura; 69,1 miliardi il valore delle esportazioni dell’industria agroalimentare; 11 miliardi di euro di investimenti nel settore primario dall’inizio del governo Meloni; +12,5 per cento di incremento del reddito agricolo, ben al di sopra dell media Ue che si attesta all’1,6 per cento.

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Qual è il ruolo del nostro Paese a livello mondiale se si parla di agricoltura?

«Un ruolo di grande responsabilità, perché siamo gli unici, nelle diverse epoche, a essere entrati in contatto con tutte le civiltà del pianeta con la capacità di apprendere, trasformare e migliorare. Il tutto sintetizzato nel Made in Italy, che per noi significa “fatto in Italia” ma nel resto del mondo vuol dire buono e di qualità. Sta a noi dunque delineare la strada e fare da traino per mettere il mondo nelle condizioni di migliorare la propria qualità di vita».



A proposito di sovranità alimentare, l’Ue sta recependo le vostre istanze?

«C’è stato un cambiamento totale di prospettiva, di cui l’Italia oggi è cardine: il cambio di passo è evidente e innegabile. Prima, con Timmermans (l’ex vicepresidente della Commissione europea e commissario per il Clima e per il Grean deal, ndr), si parlava di agricoltori in contrasto con l’ambiente, ora invece sono diventati custori dei territori. La sinistra ideologizzata, per curare l’ambiente, voleva marginalizzare l’agricoltura. Come governo, però, abbiamo tenuto la barra dritta, sostenendo esattamente il contrario: ovvero che gli agricoltari sono i primi ad arginare i cambiamenti climatici e a garantire la tenuta del territorio a basso costo più di ogni altra soluzione. Grazie all’impegno di Giorgia Meloni siamo tornati a logiche di incentivi per la produzione, rivedendo i limiti della Pac (Politica agricola comune, ndr). E pensre che c’era qualcuno che ci diceva che gli eventi contingenti sarebbero rimasti sempre lontani...».



Intende la guerra in Ucraina?

«Esatto. L’invasione della Russia, e anche gli altri conflitti, hanno dimostrato una cosa molto semplice: rinunciare ad asset stratergici come quelli alimentari è una follia. Gli agricoltori garantiscono approvvigionamenti in ogni situazione. Indebolire il settore è un rischio insostenibile».



Le nostre eccellenze, però, sono sempre sotto attacco. Le etichette sui pericoli del vino quanto la spaventano?

«L’Italia vanta il record di esportazioni di vino a livello mondiale: un prodotto che garantisce lavoro, ricchezza e salvaguardia dell’ambiente. I nostri vigneti sono tutti molto curati e questo perché danno reddito. Dunque, l’aggressione al vino italiano spaventa molto perché può avere effetti devastanti. Confondere l’alcol con un prodotto che è molto di più, ovvero storia e tradizione, è ovviamente sbagliato. Chiaro, bisogna farne un uso attento e prudente ma il vino non è veleno: pensarlo significa danneggiare la nostra economia, e se questo errore viene fatto da Paesi che non lo producono...».



E la polemica sulle ostriche?

«(Sorride) Gli emendamenti per abbassare l’iva (dal 22 al 10 per cento, ndr) li hanno proposti praticamente tutti i partiti, Pd, Italia Viva e 5 Stelle e tutti i partiti del centrodesta. Vorrei capire cosa ci sia di sbagliato nel voler rendere un bene meno costoso e dunque più accessibile, soprattutto se siamo il Paese con l’iva più alta su questo prodotto. Non solo: visto che il granchio blu sta distruggendo le acquacolture di vongole, abbassando l’imposta potremmo supportare il settore diversificando come chiedono tutte le associazioni di categoria. Eppure per la sinistra vogliamo fare un favore ai ricchi: è una barzelletta... La verità è che questo governo è pragmatico e ascolta le categorie produttive».



State investendo molto nelle energie rinnovabili per lo sviluppo delle aziende agricole. Cos’è cambiato?

«L’energia solare è fondamentale ma a patto che non si speculi sui terreni che producono cibo: su questo bisogna stare molto attenti. Oggi possiamo produrre energia senza più sottrarre suolo da destinare alle coltivazioni, usando stalle, pertinenze e l’agrovoltaico che permette di coltivare sotto i pannelli. Parliamo di un sostegno alle rinnovabili che mai si era verificato prima: più di 23mila aziende finanziate per una produzione di 1,7 gigawatt, il triplo del governo che ci ha preceduto. L’Europa, non a caso, ci ha premiato con 850 milioni di euro in più di investimenti nel settore».



Veniamo al tema più caldo: i dazi. Come si possono attutire le ricadute?

«È evidente che i dazi, per un Paese esportatore come il nostro, sono un problema. È chiaro, un mercato aperto è vantaggioso per la nostra capacità di produrre qualità ed essere attrattivi. Unione Europea e Stati Uniti, essendo alleati, devono rafforzare le rispettive economie: è ovvio che una guerra commerciale sarebbe un danno per tutto così come è ovvio che tocchi a Bruxelles trattare per evitare un conflitto. Guardando invece a Oriente, dove si produce a costi più bassi dei nostri senza rispettare i diritti dei lavoratori, lì le tariffe servono a riequilibrare un mercato sregolato».

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